Mi rendo conto che il titolo di questo post ha bisogno di una spiegazione.
Facciamo un passo indietro
Quando andavo al Liceo disprezzavo il latino. In quel periodo disprezzavo un sacco di cose, ma il latino era una di quelle cose che proprio non capivo. L’ho disprezzato per 5 anni di seguito, tranne per un solo ed unico momento, quando ho letto una frase di Ovidio fatta pronunciare a Medea che dopo più di 20 anni ancora ricordo: Video meliora proboque, deteriora sequor, traducibile con “Vedo il meglio e l’approvo, ma seguo il peggio“, oppure in un più moderno “Tutto bello e giusto, ma io faccio un po’ come cazzo mi pare“.
Ma cosa c’entra Medea con la sacra arte dell’homebrewing? Solo ad introdurre un tema più ampio, ovvero il mio personale approccio agli stili birrari definiti dal BJCP che si possono produrre in casa.
Ma la prendo ancora più larga. Se non vi interessa, passate pure alla fine del post.
Questione di approccio.
Facciamo l’esempio del neopatentato: per poter guidare una macchina non è necessario conoscere l’evoluzione, la storia e i dettagli intrinsechi del motore a scoppio con i suoi pistoni, le candele, cavi e altro, ma è necessario superare un esame il cui scopo principale rimane quello di attestar il saper guidare una macchina e non essere una fonte di pericolo per sé stessi e per gli altri.
Per diventare homebrewer basta un bidone di plastica e un kit di malto amaricato e diventi membro di questa grande famiglia strampalata. Non servono esami, non c’è un’età minima o massima, non c’è bisogno di attestato, niente di niente. Basta volerlo! Per la stragrande maggioranza di noi è successo questo: un giorno ci siamo svegliati e abbiamo deciso di diventare homebrewer… e l’abbiamo fatto. Senza passare nessun esame o interrogazione.
In ogni caso, che si tratti di neo patentato o neo homebrewer per avere dei buoni risultati è importante fare esperienza e pratica e un po’ di studio.
Poi sta all’indole personale approfondire e scoprire i mille temi inerenti all’homebrewing, come per esempio la capacità enzimatica dei malti base, la gestione del pH, la correzione dell’acqua, effettuare modifiche all’impianto, lo studio del BJCP… e così via. Tuttavia, ci sono homebrewers che da bravi soldati si limitano a seguire pedissequamente le istruzioni riportate sulla confezione del malto amaricato, del kit E+G o All Grain senza interessarsi minimamente del perché e percome, con l’esito abbastanza scontato di non sapere intervenire e correggere il tiro all’occorrenza.
Come rovescio della medaglia c’è chi si affida totalmente a quanto appreso dai mille tomi letti da rimanere intrappolato in gabbie mentali difficilissime da scardinare, e senza avere sviluppato il minimo senso critico per andare oltre quello che si è letto. I talebani dell’homebrewing si riconoscono subito: ad ogni domanda non fanno altro che citare a memoria capitoli o paragrafi di uno dei tanti testi ritenuti sacri in circolazione.
Il BJCP è un testo sacro(?)
E infatti, basta un post qualsiasi di ricetta postata on line su un qualsiasi forum per leggere commenti di persone, elettesi ad evangelisti del Sacro BJCP, che scrivono delle castronerie assurde con l’obiettivo, nella maggior parte dei casi, di imporre la propria personale visione spesso miope e limitata, e che col BJCP non c’entra proprio niente. Non tutti, ma molti.
Questo perché, secondo me, non tutti hanno chiaro il fatto che la ricetta perfetta per lo stile non esiste, e se esiste, non è scritta nel BJCP. Perché il BJCP non è un libro di ricette, ed è giusto che sia così.
Il BJCP fornisce delle linee guida per valutare birre fatte in casa e consigli su quali materie prime usare con indicazioni abbastanza ampie da permettere al birraio, neofita o esperto, a stilare una propria interpretazione dello stile, o se vogliamo una ricetta.
Chi mi segue su questo blog o sulla pagina facebook, sa benissimo quanto io sia innamorato del BJCP, e come ogni innamorato sono disposto anche a chiudere un occhio sui difetti e sulle imperfezioni del mio, per così dire, oggetto del desiderio. Ma in amore è opportuno scendere a compromessi, che nel nostro hobby sono rappresentati da concetti come l’impianto, l’attrezzatura, la passione e la voglia di andare lontano, e per ultimo… la fedeltà. E ogni birra che faccio in casa è un rinnovato impegno verso l’hobby e verso il BJCP… diciamo.
Chi ha stilato il BJCP, contrariamente a quello che si pensa, sa benissimo di aver scritto un testo pieno di lacune, e non poteva essere altrimenti, visto che nel tempo gli stili evolvono con logiche e contaminazioni imprevedibili, a volte al punto tale da diventare canone. È esemplare il caso nelle NEIPA, o delle Catarina sour, etc etc..
Per questo motivo il BJCP ha di base la filosofia di essere molto tollerante verso le contaminazioni tra stili differenti, e molto aperto alle sperimentazioni degli homebrewer che tra le varie materie prime contemplate dal… ehm… rai-ana-mannaggia-ghebbot sentono il desiderio di andare oltre le barriere dello stile.
Ma torniamo a me e a questo blog.
È un po’ che non faccio i resoconti delle mie ricette su questo blog. Il motivo principale è perché non c’è poi molto da dire. Ricette a parte, sono cotte molto standard e lineari che non meritano di essere raccontate per il gusto di raccontarle: sto applicando sempre le stesse tecniche e al momento sono bloccato, e in parte anche poco ispirato, per l’imbottgliamento in contropressione e quindi continuo ad imbottigliare alla vecchia. In questo modo mi sono lasciato dietro le ultime produzioni messe in cantiere da gennaio. Si tratta di ben tre birre diverse con un paio di fattori in comune: oltre al mio approccio poco convenzionale nella stesura di una ricetta, sono tre interpretazioni sui generis di stili birrari che già di loro danno molto spazio a molte interpretazioni.
La genesi delle ricette è più o meno simile: un po’ per togliermi lo sfizio, un po’ per avere delle birre pronte per Aprile da inviare alle prime tappe del Campionato Italiano per Homebrewes 2020 organizzato da MoBI. Purtroppo le tappe sono state annullate… mi toccherà berle da solo.
- A gennaio / febbraio ho fatto la TURBO Briù: una Stout ai mirtilli, niente di epico o trascendentale. Una cotta molto in stile ma con aggiunta generosa di mirtilli essiccati verso la fine della bollitura. Fermentazione e imbottigliamento molto standard con meno bestemmie del previsto. Al momento che scrivo ho fatto solo un assaggio decisamente prematuro, a meno di 10 giorni di rifermentazione, per il giorno di San Patrizio. Il mirtillo è molto presente in bocca e copre un po’ troppo il caffettoso che tanto mi piace nelle stout.
- A febbraio / marzo è stato il turno della Briù Dot Net: una India Pale Lager, oppure Italian Pils, Hoppy Lager… insomma una bassa fermentazione molto luppolata. Solito Fast Lager, e solito Dry Hop di circa 5 gr/l durante la lagerizzazione. L’idea è di berla quando si potrà tornare in ufficio finita la quarantena… ma non vorrei essere troppo ottimista.
- A marzo / aprile ho messo in cantiere la Briù HTML: un Gruit con mix di erbe aromatiche con aggiunta di patate. Sono rimasto molto contento dell’esperimento fatto l’anno scorso e ho voluto rifare questa birra modificando in parte il grist e in parte la composizione delle erbe. Ho deciso di aggiungere delle patate durante l’ammostamento perché sì.
Le tre ricette a confronto.
Ecco quindi un confronto delle 3 ultime ricette in versione il più schematica e leggibile possibile.
Dot Net 2020 | HTML 2020 | TURBO Briù 2020 |
https://share.brewfather.app/us3ibnaz7qV3rT | https://share.brewfather.app/PyWxEAvREXc8C9 | https://share.brewfather.app/pLtbuHu1viBjrA |
International Pale Lager | Herb and Spice Beer | Irish Stout |
4.9% / 10.8 °P | 5.1% / 11.1 °P | 4.5% / 10.5 °P |
Efficiency |
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72% | 72% | 72% |
Batch Volume |
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15 L | 10 L | 10 L |
Boil Time |
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60 min | 60 min | 60 min |
Total Water |
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20.95 L | 16.04 L | 15.02 L |
Boil Volume |
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18.63 L | 13.94 L | 13.42 L |
Pre-Boil Gravity |
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1.036 | 1.035 | 1.033 |
Original Gravity |
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1.043 / 1,006 | 1.045 / 1.006 | 1.042 / 1.008 |
IBU (Tinseth) / Color |
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32 / 9.5 EBC | 0 / 12.6 EBC | 30 / 47.5 EBC |
Mash |
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A-amylase 1 — 68 °C — 60 min | B-amylase — 65 °C — 40 min | B-amylase — 65 °C — 60 min |
A-amylase 2 — 72 °C — 20 min | ||
Malts |
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2.9 kg | 2 kg | 2 kg |
2.75 kg (88.7%) — Avangard Pilsner Malt — Grain — 3.3 EBC | 900 g (40.9%) — Dingemans Pale Ale — Grain — 6.5 EBC | 1.7 kg (81%) — Bairds Pilsner/Lager Malt — Grain — 3 EBC |
100 g (3.2%) — Weyermann Caramunich I — Grain — 101 EBC | 400 g (18.2%) — BestMalz Munich — Grain — 15 EBC | 200 g (9.5%) — Briess Barley, Flaked — Grain — 3.3 EBC |
50 g (1.6%) — BestMalz Acidulated — Grain — 6 EBC | 400 g (18.2%) — Avangard Wheat Malt — Grain — 3.9 EBC | 100 g (4.8%) — BestMalz Roasted Barley — Grain — 1300 EBC |
200 g (9.1%) — Briess Oats, Flaked — Grain — 2.8 EBC | ||
100 g (4.6%) — BestMalz Aromatic — Grain — 65 EBC | ||
Other |
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200 g (6.5%) — Briess Rice Hulls — Adjunct — 0 EBC | 200 g (9.1%) — Briess Rice Hulls — Adjunct — 0 EBC | 100 g (4.8%) — Briess Rice Hulls — Adjunct — 0 EBC |
Hops |
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10 g (23 IBU) — Chinook 12.1% — Boil — 60 min | 20 g (30 IBU) — East Kent Goldings (EKG) 5% — Boil — 60 min | |
20 g (9 IBU) — Chinook 12.1% — Boil — 5 min | ||
20 g — Chinook 12.1% — Boil — 0 min | ||
50 g — 5% — Dry Hop — 3 days | ||
Miscs |
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1 items — Protafloc — Boil — 15 min | 10 g — Rosmarino — Boil — 30 min | 100 g — Blueberry — Boil — 15 min |
10 g — Salvia in foglie — Boil — 30 min | 0.5 items — Protafloc — Boil — 15 min | |
5 g — Irish Moss — Boil — 5 min | ||
10 g — Menta — Bottling | ||
10 g — Rosmarino — Bottling | ||
Yeast |
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2 pkg — Fermentis W-34/70 Saflager Lager | 1 pkg — Fermentis WB-06 Safbrew Wheat | 1 pkg — Fermentis S-04 SafAle English Ale |
Fermentation |
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Primary — 10 °C — 6 days | Primary — 23 °C — 10 days | Primary — 16 °C — 5 days |
Primary — 14 °C — 1 days | Primary — 20 °C — 5 days | |
Primary — 18 °C — 1 days | ||
Primary — 20 °C — 1 days | ||
Carbonation |
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2.4 CO2-vol | 2.4 CO2-vol | 2.4 CO2-vol |
…Deteriora Sequor
Negli anni a seguire, ho capito che non disprezzavo il latino in sé ma il modo in cui mi veniva proposto. Ma vabbè… ormai è andata.
So benissimo che pensare e realizzare birre che rientrano in uno stile ben definito, per certi versi è appagante, davvero. Lo so. Ma non fa per me. E questo non vuol dire necessariamente fare le cose ad cazzum. Io ho capito che rientrare nei limiti di uno stile non mi interessa, o per lo meno, non è stimolante, e non è un caso se le birre che preferisco bere (le IGA tra tutte) sono proprio quelle che lasciano molta libertà di interpretazione al mastro birraio. Ho ormai raggiunto questa consapevolezza da almeno un paio di anni, e il BJCP ed io, da bravi trombamici, abbiamo chiarito sin dall’inizio in che modalità impostare la nostra relazione: ci rispettiamo a vicenda per quello che siamo senza che uno invada troppo lo spazio dell’altro.
E per il momento va bene così.