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Comprendere l’attenuazione

11 Maggio 2023 - il Blog
Comprendere l’attenuazione

Il tema di questo post, di cui in parte sono soddisfatto, in parte no, è il classico esempio di rabbit hole per cui cercando una cosa ne ho trovate altre 10 che poi hanno fatto partire altre 10 cacce e così via.

Senza girarci intorno, si tratta di un tema molto noioso, e non so neanche se son riuscito a schematizzarlo in maniera semplice e comprensibile (non tanto per chi legge, ma per me che lo sto scrivendo), e spero in qualche modo di trovare l’attenzione in homebrewer fissati come me per quei mondi affascinanti fatti di formule e dimostrazioni che si guardano con la stessa consapevolezza con cui si ammira un’opera di cui non si riesce a capire il senso ma che attrae lo stesso.

Quando facciamo birra, vogliamo sempre sapere quanti gradi fa la nostra creazione. Per questo ci viene incontro la formula stra-nota che vuole la differenza tra la densità iniziale e quella finale diviso per 7,45.

Tutto parte da una domanda che mi è sorta in testa: Perché quando si calcola il valore alcolico di una birra si usa la costante 7,45? A cosa riferisce questa costante? Come si ottiene?

Mi son messo quindi a fare delle ricerche, per capirne di più. Ovviamente questo post non è tutta farina del mio sacco, ho letto dei libri molto complessi per me cercando (e trovando) delle risposte ma ho chiesto aiuto (leggasi, ho rubato) le parole di altri amici come FranK Antonelli e Luca Liberale che in maniera inconsapevole hanno aiutato nella stesura. Alla fine non ho capito da dove viene questa benedetta costante. Ma ho compreso un po’ di più sul metabolismo dei lieviti che usiamo per fare birra in casa. Un piccolo passettino avanti è stato fatto. Per cui, via con l’usuale passo indietro.

Cos’è l’attenuazione?

L’attenuazione è un fattore cruciale nella produzione della birra, poiché influenza il corpo, il sapore e il livello di dolcezza finale della bevanda. Quando parliamo di attenuazione, esistono due tipi da considerare: quella effettiva e quella apparente. Come direbbe il saggio, l’attenuazione non esiste, esistono le attenuazioni.

L’attenuazione effettiva indica quanti zuccheri sono stati consumati durante la fermentazione e si indica con un valore percentuale. Tuttavia, quando misuriamo l’attenuazione con il densimetro, commettiamo un errore poiché, man mano che la fermentazione avanza, viene prodotto alcol etilico che è meno denso dell’acqua. Di conseguenza, ciò che misuriamo con il densimetro è chiamato attenuazione apparente, che può andare oltre il 100% poiché ingloba anche l’effetto dell’etanolo che riduce la densità della birra.

Per calcolare l’attenuazione effettiva, puoi utilizzare una formula approssimativa che prevede la divisione per 1,2 dell’attenuazione apparente. Tuttavia, l’accuratezza di questo calcolo dipende dalla quantità di alcol prodotta durante la fermentazione.

Ma perché l’attenuazione è così importante per la produzione della birra? In sostanza, il livello di attenuazione influisce sul corpo e sulla secchezza della bevanda finale. Ad esempio, una birra con un’attenuazione elevata avrà un corpo leggero e asciutto, mentre una birra con un’attenuazione bassa sarà più dolce e corposa. Ma non è sempre così.

Infine, ci sono alcuni stili di birra che possono variare significativamente nell’attenuazione, come ad esempio le birre belghe, vedi le Saison, che spesso hanno un’attenuazione elevata, o le Stout irlandesi, che generalmente hanno un’attenuazione più bassa.

In sintesi, comprendere l’attenuazione è essenziale per valutare la quantità di zuccheri consumati e l’influenza dell’alcol etilico sulla densità della birra. Questa conoscenza ci aiuta a ottenere una birra di alta qualità e a raggiungere i profili desiderati.

Ma come si misura la densità?

Esistono diverse unità di misura per misurare la densità del liquido durante la produzione della birra. Ecco le tre più diffuse: SG (specific gravity), Plato e Brix.

Il SG, o Specific Gravity, non è una vera e propria unità di misura, ma rappresenta il rapporto tra la densità del liquido che stiamo misurando e quella dell’acqua. Più zuccheri ci sono in soluzione, maggiore sarà la densità del liquido e più il densimetro galleggerà. Tuttavia, la Specific Gravity non misura direttamente la concentrazione degli zuccheri, piuttosto quanto varia la densità del liquido rispetto a quella dell’acqua. Questa misurazione fornisce un’attenuazione apparente, che può essere distorta a causa dell’alcol presente nella birra, poiché l’etanolo riduce la densità della soluzione. e questo l’abbiamo già detto. Va detto che questa scala è quella più usata e comune tra gli homebrewer, per cui vale la pena continuare ad usarla.

La scala di Plato è più immediata e misura la percentuale in peso degli zuccheri presenti nel mosto. Ad esempio, 10 gradi Plato corrispondono al 10% in peso di zuccheri. Un litro di mosto da 10 gradi Plato conterrà circa 100 grammi di zucchero. È importante notare che si tratta del peso della soluzione totale, quindi 900 grammi di liquido e 100 grammi di zucchero daranno un mosto da 10 gradi Plato.

La scala di Brix, ideata da Adolf Brix nella metà del 1800, è simile a quella di Plato e i due termini sono spesso interscambiabili. Tuttavia, c’è una leggera differenza tra i due, probabilmente dovuta alla temperatura di riferimento delle misurazioni. I gradi Brix sono spesso associati all’angolo di rifrazione e alle misure effettuate con il rifrattometro nel campo della produzione di mosto. Il rifrattometro, utilizzato per misurare la rifrazione della luce, è tarato per misurare soluzioni di glucosio. Tuttavia, il rifrattometro può fornire letture non accurate quando è presente l’etanolo nella soluzione. Esistono formule che tengono conto di questo effetto e consentono di correggere la misurazione.

Infine, la scala di Balling è simile a Brix e Plato, ma è meno utilizzata nella pratica birraria, mentre è molto diffusa in contesto enologico. Ma perché parlare di enologia quando qui ci si fanno dei film mentali sulla birra fatta in casa? Piano che ci arriviamo…

Queste diverse unità di misura della densità sono strumenti essenziali per tutti noi che abbiamo un birrificio, casalingo o meno, per monitorare e valutare la fermentazione e l’attenuazione della birra. E per rispondere alla domanda: Ma quanto alcol fa la mia birra?

Cos’è l’alcol?

L’alcol è uno degli elementi fondamentali che si ottiene durante il processo di fermentazione della birra. È prodotto dai lieviti, insieme al calore e all’anidride carbonica, e svolge un ruolo significativo nel carattere e nel sapore della birra finale.

L’etanolo, comunemente noto come alcol etilico, è il principale componente alcolico prodotto durante la fermentazione. Per i lieviti, l’etanolo è in realtà considerato un sottoprodotto o un materiale di scarto. Questo può derivare dalla necessità evolutiva dei lieviti di proteggere le risorse nutrienti dalla competizione con altri microrganismi.

L’alcol nella birra viene misurato utilizzando due unità di misura principali: ABV (alcol by volume) e ABW (alcol in peso, meno comune). L’ABV rappresenta la percentuale di alcol presente nel volume totale della birra. Ad esempio, se una birra ha un ABV del 5%, significa che il 5% del volume totale della birra è costituito da alcol. L’ABW, d’altra parte, esprime la percentuale di alcol in base al peso (W sta per weight).

Durante il processo di fermentazione, il lievito produce in media circa 0,13 punti di ABV per ogni punto di densità consumato. Questo rapporto può variare leggermente in base al tipo di birra, al ceppo di lievito utilizzato e ad altri fattori, ma rappresenta una stima approssimativa.

È importante tenere conto dell’alcol durante la produzione della birra, in quanto influisce sulla gradazione alcolica, sulla sensazione in bocca e sul profilo di gusto complessivo. Un adeguato controllo della fermentazione e delle condizioni di fermentazione può contribuire a ottenere il livello desiderato di alcol nella birra.

Come calcolare l’alcol?

O sarebbe meglio dire “stimare”?

Per calcolare o stimare la quantità di alcol prodotta durante la fermentazione, esistono diversi metodi utilizzati dai birrifici e dagli homebrewer. Tuttavia, è importante tenere presente che questi metodi forniscono solo stime approssimative e che i risultati effettivi possono variare leggermente.

Utilizzando il densimetro, uno strumento comune nella produzione di birra, è possibile ottenere una stima della gradazione alcolica. La formula più comune che viene spesso menzionata è OG (Original Gravity) – FG (Final Gravity) diviso per 7,45. Nonostante 7,45 sia una costante, non è del tutto chiaro da dove derivi. Il famoso rabbit hole di cui parlavo all’inizio del post…

Il rifrattometro, un altro strumento utilizzato per misurare la densità del liquido, di solito utilizza la scala Brix per indicare la concentrazione di zuccheri nel mosto o nella birra. Poiché la presenza di zuccheri influisce sull’angolo di rifrazione, è possibile determinare il grado zuccherino attraverso il rifrattometro. Tuttavia, l’alcol presente nella birra può falsare la lettura del rifrattometro, quindi è necessario applicare delle formule di correzione per ottenere una stima più accurata del contenuto alcolico.

Un altro metodo per misurare l’alcol è attraverso la distillazione. Questo metodo prevede la distillazione della birra seguita dalla misurazione della densità della soluzione idroalcolica ottenuta. Utilizzando una bilancia idrostatica, che si basa sul principio di Archimede, è possibile calcolare il contenuto alcolico approssimativo. Questo metodo richiede una doppia distillazione e l’utilizzo di tabelle di conversione specifiche per ottenere il risultato finale con un’approssimazione di circa lo 0,01%. Uno sbattimento di dimensioni epiche. Infatti non lo fa nessuno.

A prescindere dal metodo preferito e utilizzato è importante sottolineare che tutti questi metodi forniscono solo stime approssimative dell’alcol presente nella birra. La misurazione precisa richiede strumenti e metodi più sofisticati, come la cromatografia o lo spettrometro di massa, utilizzati in laboratori specializzati. Tuttavia, per la produzione casalinga di birra, l’uso del densimetro o del rifrattometro, insieme a formule di correzione appropriate, può fornire una buona approssimazione della gradazione alcolica finale, e ce lo possiamo far baster. Ma se proprio vogliamo spaccare il capello, dobbiamo affidarci per forza alla scienza e ai laboratori, oppure usare il pensiero laterale: ma nel mondo enologico come si fa? E anche questa domanda mi ha fatto scoprire un mondo, ampiamente affrontato e risolto molto tempo fa.

Metodo ebulliometrico (Ebulliometro di Malligand)

Un altro metodo utilizzato per misurare il contenuto alcolico è il metodo ebulliometrico, noto come Ebulliometro di Malligand. Questo metodo fisico, sebbene non ufficiale, è ampiamente utilizzato per la sua praticità nella determinazione del contenuto di alcol presente nei vini.

Il metodo si basa sulle misurazioni empiriche e le letture sono generalmente attendibili, soprattutto quando si supera il 10% di ABV. Si sfrutta la diversa temperatura di ebollizione dell’acqua (100 °C) e dell’etanolo (78,3 °C). La miscela di acqua ed etanolo presenta un punto di ebollizione intermedio tra le due sostanze.

Per la taratura dello strumento, si utilizza acqua distillata. Tutte le miscele idroalcoliche, compresi vini e birre, presentano un punto di ebollizione che diminuisce all’aumentare del contenuto di alcol etilico. Questo significa che più alcol è presente, prima si verificherà l’ebollizione.

La determinazione del grado alcolico tramite l’ebulliometro di Malligand richiede due operazioni. Inizialmente, si determina il punto di ebollizione dell’acqua, che varia in base alla pressione e funge come punto di riferimento per la taratura dell’apparecchio. Successivamente, si misura il punto di ebollizione del vino (o della birra) e la differenza tra i due punti determina la percentuale di ABV.

L’ebulliometro di Malligand è costituito da un fornelletto con anelli che riscaldano una caldaia. La caldaia, di forma conica, contiene il liquido da analizzare e presenta due tacche: una più bassa per il livello dell’acqua e una più alta per il livello del vino. Un refrigeratore permette al vapore di condensarsi. Una volta raggiunta la temperatura stabile di 35-36 °C (circa la temperatura corporea), è possibile effettuare la lettura.

La caldaia è collegata a un bulbo di un termometro a mercurio che, anziché segnare la temperatura, indica direttamente la gradazione alcolica in percentuale volumi, utilizzando una scala da 0 a 25. Lo zero sulla scala corrisponde all’ebollizione dell’acqua, mentre il valore registrato durante l’ebollizione del vino rappresenta il grado alcolico presente.

L’ebulliometro di Malligand offre un metodo pratico per stimare il contenuto alcolico dei liquidi, sebbene sia importante ricordare che i risultati possono essere approssimativi e soggetti a variazioni. Per misurazioni più precise, è consigliabile utilizzare metodi e strumenti di laboratorio specializzati.

Preso dalla scimmia dell’acquisto compulsivo sono quasi arrivato a comprarne uno. Ma poi fortunatamente ho devoluto gli stessi soldi in carte pokemon.

Ma parliamo di Glicerolo.

Basta parlare solo di alcol! È importante notare che durante il processo di fermentazione alcolica si produce anche un altro sottoprodotto chiamato glicerolo. Il glicerolo è un composto non volatile e privo di proprietà aromatiche che contribuisce al corpo della birra. Ha un sapore vagamente dolce e può contribuire a una sensazione boccale vellutata.

Il glicerolo può essere presente in diverse quantità nelle birre, a seconda dei lieviti utilizzati e delle condizioni di fermentazione. Ad esempio, nei ceppi di lievito diastaticus, come quelli utilizzati per la produzione di birre di stile Saison, si registra un’elevata produzione di glicerolo. Questo può spiegare perché anche le birre con un’attenuazione estrema possono apparire corpose, grazie alla presenza significativa di glicerolo.

È importante tenere presente che non tutti i lieviti sono uguali e che ci sono numerosi generi e specie di lieviti che possono essere utilizzati nella produzione di birra. Inoltre, non tutti i lieviti presentano la stessa capacità di produrre glicerolo durante la fermentazione.

Inoltre, vale la pena menzionare che il glicerolo viene anche utilizzato intenzionalmente nella produzione di birre analcoliche. Aggiungendo glicerolo in un intervallo compreso tra lo 0,3% e il 2,0%, si può conferire corpo e pienezza alla birra, caratteristiche che altrimenti sarebbero difficili da ottenere senza la presenza di alcol.

In definitiva, la fermentazione alcolica produce non solo alcol, ma anche altri composti come il glicerolo, che contribuiscono alle caratteristiche organolettiche della birra. La presenza di glicerolo può variare a seconda dei lieviti utilizzati e delle scelte di produzione. È interessante notare che l’utilizzo di lieviti diversi può portare a risultati diversi in termini di corpo, pienezza e caratteristiche sensoriali complessive della birra.

In aggiunta a quanto detto, è importante sottolineare che il glicerolo può influire anche sulla stabilità della birra nel tempo. Grazie alla sua natura chimica, il glicerolo agisce come un agente stabilizzante, contribuendo a preservare la freschezza e la qualità della birra nel corso del tempo. Questo è particolarmente importante per le birre ad alta gradazione alcolica o per quelle che richiedono un periodo di invecchiamento.

Inoltre, la produzione di glicerolo durante la fermentazione può essere influenzata da vari fattori, tra cui la temperatura di fermentazione, il pH del mosto, la composizione del mosto e la presenza di nutrienti adeguati per il lievito.

È interessante notare che gli studi scientifici e la ricerca nel campo della fermentazione hanno approfondito sempre di più la comprensione del ruolo del glicerolo nella vino, molto più che nella birra. Ciò ha portato allo sviluppo di ceppi di lievito specifici con una maggiore capacità di produzione di glicerolo, consentendo alle cantina vinicole di sperimentare e creare vini con profili aromatici e sensoriali unici. Il mondo della birra, va detto, su questo sta ancora molto indietro.

In particolare, per quanto riguarda il Saccharomyces Cerevisiae, il lievito più comunemente utilizzato nella produzione di birra, è stato dimostrato che la temperatura di fermentazione può influenzare la formazione di alcol e glicerolo. A temperature più basse, il lievito tende a produrre una quantità minore di glicerolo, e di conseguenza più alcol. Al contrario, a temperature più elevate, il lievito tende a produrre una quantità minore di alcol etilico e più glicerolo. Si parla di quantità che vanno dall’8% fino al 12%. Può sembrare un inezia, ma nel totale può fare la differenza.

Motivo per cui il calcolo o la stima del contenuto alcolico delle birre può essere considerato un parametro relativamente aleatorio. Sebbene formule e metodi siano stati sviluppati per stimare l’ABV (Alcohol By Volume) sulla base della differenza di densità prima e dopo la fermentazione, è importante tenere presente che tali stime sono approssimative e possono essere influenzate da diversi fattori, compresa la variazione nella produzione di alcol da parte dei lieviti. Di quanto ci si sposta dalla verità? Ripeto, concettualmente poco, soprattutto per le birre che raramente superano tenori alcolici elevati, e per elevati intendo ABV sopra 8-9%. Ma è importante, secondo me, comprendere che i valori calcolati e mostrati sono più indicazioni di massima, e non assoluti.

Conclusioni

E quindi? Ehhhhh….

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