Mai in 10 anni di homebrewing avrei pensato di arrivare a fare un post in cui mi sarei pesantemente vantato di essere arrivato secondo ad un concorso per homebrewer con una birra fatta per la prima volta e con la valutazione media di 44.5/50
E infatti in questo post non farò niente di tutto questo. Cercherò di capire qual è stata la congiunzione di situazioni per cui ho ottenuto questo incredibile risultato. Oppure, secondo il normale svolgimento delle mie cotte, cosa sia andato tremendamente storto.
Ma facciamo un passo indietro
[Tono di voce da istituto Luce] Giammai come in questo periodo il suolo italico è un orgoglioso palcoscenico di concorsi e gare per produttori di birra fatta in casa. Giammai lo stivale vide tanta fioritura di fermento e di cervogia e non passa giorno che non venga annunciata una nuova possibilità per mettersi in gioco con audace spirito di fratellanza, condivisione, e sana competizione portando come tema la realizzazione amatoriale del vino delle terre di albione e dei fratelli nord europei nelle variopinte declinazioni secondo la storia dei vari paesi del mondo. Per anni il campionato MoBI ha tenuto la barra dritta del testimone ma è possibile affermare che questo impavido non è più l’unico protagonista di tali palchi. Da sempre si è vista fiancheggiata dall’Expo delle birre artigianali in quel di Preganziol sotto l’audace supervisione di Antonio Doc Di Gilio. È altresì possibile citare altre realtà similmente meritevoli come le competizioni organizzate da Angelo Ruggiero nel tavoliere delle Puglie con DiB, acronimo per Damned in Black, competizione interamente dedicata alle birre scure imperiali che tanto inebriarono zar e zarine. E sempre Angelo Ruggiero porta avanti il Lost & Found, concorso dedicato agli stili storici e poco battutti nei pentoloni dei domozimurghi. L’onnipresente Angelo affianca Frank Antonelli alla regia dei concorsi per Fermento Birra nella splendida cornice di Birraio dell’anno. Da un paio di anni Milano ospita presso uno dei più prestigiosi birrifici il coraggioso Pastorianus, concorso completamente dedicato alle birre di suolo teutonico, patrocinate dal severo ma giusto Daniele Cogliati. Si aggiungano inoltre delle realtà regionali come i concorsi organizzati dai Trinachia Homebrewer in quel di Sicilia, il campionato di Homebrewer FVG a estremo nord est della nostra terra, la nascente realtà emiliano romagnola BrewER capitanata da Matteo Dadà e quell’altro bolscevico di cui non ricordo il nome. Abbiamo Silvanus, il Beer Battle, Mezzadro, Homebrewer Bresciani et via discorrendo. Impossibile citarle tutte, come si diceva. Non me ne dolga qualcuno se eventi son stati omessi. Non è spocchia, ma solo mera dimenticanza.
Io nel mio piccolino cerco sempre di partecipare a tutti i concorsi che posso. Sia come giudice, se mi è concesso; sia come partecipante. Non mi interessa vincere. Non mi interessa arrivare a podio. Mi piace fare festa e far casino insieme agli altri animali che parlano la mia lingua e che hanno la mia stessa sete. Non sono una persona competitiva, dicevo. C’è chi lo è, e merita tutta la mia stima e tutto il mio rispetto.
Partecipo quindi quando ho voglia e soprattutto quando ho bisogno di un feedback costruttivo e altamente disinteressato sulle mie birre. Il bias cognitivo è una brutta bestia da domare, e nonostante nel tempo abbia sviluppato e migliorato le tecniche di degustazione, assaggiare e valutare una propria birra è sempre difficile soprattutto quando fai birre che ti mettono in crisi: o sono molto buone o molto cattive. ma quando sei nel mezzo? Certo. Mi rendo conto anche io di cosa ho messo nel bicchiere, e mi rendo conto benissimo da solo del potenziale delle mie birre. Ma meglio farselo dire da altri.
Per cui, dopo una lunga assenza dai tavoli dei concorsi, da un annetto ho cominciato a rimandare in giro le mie birre. A volte mi son trovato d’accordo con le valutazioni, altre volte no. Ma è il rischio che si accetta quando si partecipa ad un concorso per homebrewer: si tratta pur sempre un gioco, e come un gioco deve essere affrontato. Si manda la birra e si aspettano i feedback delle schede.
Le bastonature fanno male, certo. Le belle parole gratificano, ovviamente. Le vittorie ti inorgogliscono, e grazie al cazzo.
Ho voluto quindi mandare due birre a Lost & Found, dicevo. Una Tmavé che purtroppo non ha colpito i giudici, e una Grodziskie che incredibilmente è stata la migliore birra del tavolo, con una valutazione media di 44.5 su 50, e si è piazzata seconda al Best Of Show previsto. Un risultato della madonna, visto le abbondanti premesse di cui sopra.
Grodziskie: Cenni storici
Inutile linkare questo o quest’altro, prendo solo la foto, per capirci subito Per le parole, rubo direttamente le frasi del BJCP 2021 che parla delle Grodziskie così:
Sviluppata come stile unico secoli fa nella città polacca di Grodzisk (nota come Grätz quando era governata da Prussia e Germania). La sua fama e popolarità si estesero rapidamente ad altre parti del mondo alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo. La produzione commerciale regolare è diminuita dopo la Seconda Guerra Mondiale e si è interrotta negli anni ‘90.
Si tratta quindi di uno stile storico, per certi versi quasi scomparso, ma che grazie alle comunità di homebrewer americani in qualche modo è stato riscoperto e portato di nuovo in auge. Esistono esempi commerciali. Il BJCP indica solo la Live Oak Grodziskie, prodotta nel polacchissimo Texax americano… per cui stendiamo un velo pietoso. E passiamo a quelli che sono i tratti caratteristici dello stile.
Grodziskie: Caratteristiche dello stile
Il BJCP prova a raccontare questa birra a chi non l’ha mai assaggiata ma deve valutarla dando dei riferimenti spannometrici:
Simile in intensità a una Berliner Weisse, ma mai acida e molto più amara. Ha un carattere affumicato ma meno intenso rispetto a una Rauchbier. Minore densità rispetto a una Lichtenhainer, ma più amara e non acida. Più amara di una Gose, ma senza sale e spezie.
Poniamo quindi dei paletti.
Le Grodziskie sono / hanno:
- limpide
- amare
- affumicate
- corpo esile e scorrevole
- altamente carbonate
- bassa gradazione alcolica
Le Grodziskie NON sono / hanno:
- acide
- speziate
- salate
- affumicatura intensa
Completa il quadro, giusto per rendersi ulteriormente conto di cosa possa sembrare, l’utilizzo di lievito ad alta fermentazione specifico o di origine tedesca, il frumento affumicato su legno di quercia da usare al 100%, luppoli europei.
Grodziskie: Punti deboli / punti di forza
Ora. Io non so quante persone abbiano mai assaggiato una Grodziskie. Io ho assaggiato nel tempo diversi esempi, sia commerciali che homebrewed. Non posso non citare la birra fatta dal mio caro amico Bob che fece della Grodziskie il suo cavallo di battaglia. Ho assaggiato nel tempo almeno un paio di volte la Piwo z Grodziskie. Ricordo bene anche l’interpretazione di Lieviteria (sempre di Angelo Ruggiero) e altre versioni qua e la nei vari concorsi HB che mi è capitato di presiedere.
Non sono un esperto di Grodziskie ma assaggiando queste ho capito capito che
- l’affumicatura deve essere presente,
- la bolla deve essere al limite dell’aggressivo,
- l’amaro deve essere deciso,
- il corpo deve essere esile e scorrevole
- …e soprattutto deve essere limpida da fare schifo!
Con tutte queste idee in testa ho stilato la ricetta
Grodziskie: La ricetta
La ricetta di una Grodziskie in sé non è tanto difficile da buttare giù. Di per sé è abbastanza semplice. Quello che fa la differenza, vedremo, è la tecnica di esecuzione.
Briù BASIC – Grodziskie
72% efficienza
Volume della Cotta: 15 L
Durata Bollitura: 60 min
Acqua totale: 20.48 L
Volume Bollitura: 19.67 L
Gravità Pre-Bollitura: 1.024
Gravità Iniziale: 1.029
Gravità Finale (Avv): 1.003
IBU (Tinseth): 24
BU/GU: 0.85
Colore: 5.3 EBC
Ammostamento
Temperatura — 65 °C — 60 min
Malti (2 kg)
1.6 kg (80%) — Weyermann Oak Smoked Wheat Malt — Grani — 5 EBC
400 g (20%) — Pilsner — Grani — 3.3 EBC
Luppoli (56 g)
16 g (14 IBU) — Saaz 4.5% — Bollitura — 60 min
20 g (6 IBU) — 4.5% — Bollitura — 10 min
20 g (4 IBU) — Saaz 4.5% — Bollitura — 5 min
Varie
0.5 parti — Protafloc — Bollitura — 10 min
Lievito
1 pacch — Fermentis K-97 SafAle German Ale 81%
Fermentazione
Primaria — 16 °C — 6 giorni
Lagerizzazione – 2 °C – 14 giorni
Carbonazione: …questo è un tema a parte.
Un paio di commenti sono d’obbligo.
Partiamo dalla scelta degli ingredienti. Per quanto riguarda il frumento affumicato c’è ben poco da dire: ho preso l’unico disponibile su Mr. Malt. Onestamente non mi è sembrato tutto sto granché. La nota affumicata mi è sembrata molto bassa rispetto ai malti affumicati da usare per le marzen, ma questo molto probabilmente rientra nel perimetro del “grazie al cazzo”, visto che il legno di quercia è molto più delicato.
Non ho usato frumento al 100%! Ho preferito mettere in ricetta una dose di pilsner per efficientare la conversione degli amidi durante l’ammostamento. Pur vero che il frumento è di fatto un malto base, ma non ha lo stesso potere enzimatico del pilsner, e vista la massiccia dose ho preferito mettere un aiutino. Confrontandomi poi con altri, tutti sostengono che non sia effettivamente utile il pilsner, ma non voglio andare a inquinare le paranoie degli altri con le mie.
Per il luppolo ho optato per il sempiterno Saaz, anche questo preso da Mr. Malt. Avevo ordinato raccolto 2023 con circa 5% di Alfa Acidi e mi son visto recapitare il raccolto 2022 con Alfa Acidi 2.95%. Adesso possiamo parlare all’infinito di quanto il luppolo si mantiene se correttamente stoccato, e io sono di questo partito. Ma un pochino mi ha fatto storcere il naso. Per cui, con le dovute accortezze in ricetta, è sufficiente rimodulare le dosi delle tre gettate.
Per il lievito ho optato per il secco K97 della Fermentis, indicato per le Kolsch. Perché ho scelto questo lievito? Perché nel BJCP, nella sezione Flavor, c’è questa nota che mi ha stuzzicato parecchio la fantasia:
Possono essere presenti leggeri esteri fruttati (mela rossa o pera).
La mia mente è andata subito sulle kolsch, e siccome io non uso lieviti liquidi, mi sono affidato al K97. È un lievito che ho usato diverse volte, e che se correttamente gestito è fantastico. Ho quindi cercato di contenere la produzione di esteri cercando un profilo fermentativo dalle temperature nei range bassi previsti dal lievito, e complice la bassa densità, in meno di una settimana era correttamente arrivato a FG prevista. Attenzione: zolfa parecchio. Ma pure questo lo vedremo poi.
Com’è andata la cotta
La cotta è andata molto bene, in maniera molto lineare. Non ho avuto impaccamenti; non ho avuto problemi durante la fase di travaso da pentola a fustino; nonostante il frumento ho avuto l’efficienza prevista. Ho tenuto sotto controllo il pH in tutte le fasi, correggendo a 5.2 in fase di boil. Ho raffreddato fino ai 25°c dopodiché ho trasferito in frigo e impostato la temperatura target. Dopo di ché ho inoculato i lievito, messo il blow off e ho detto ciao ciao. La fermentazione è iniziata nel giro di poco e ha proceduto a ritmi molto regolari. Dopo una settimana la birra era a FG prevista. Ho assaggiato un campione spillando direttamente dal fustino e… al naso ho trovato un cimitero di uova marce. Madonna santa lo schifo al solo ricordo! in bocca la nota solforosa non era presente, per cui ho dedotto che si trattasse solo di sotto prodotti della fermentazione tutti accumulati in testa al fustino. Ero pronto per andare in lagerizzazione, ma se l’avessi fatto così, ho pensato, lo zolfo sarebbe andato dritto in soluzione. Per cui mi sono attrezzato di bombola e tubi saturi di co2 e ho saturato e scaricato diverse volte finché non sentivo più la nota solforosa uscire dal fustino. Ecco… se volete, potete farlo pure voi. Ma non dite che ve l’ho detto io.
Ho quindi mandato in lagerizzazione con un piccolo colpetto di co2 per arrivare a 1 volume previsto perché… ho voluto fare carbonazione mista: parte forzata e parte rifermentata in bottiglia per arrivare ai circa 3 volumi. Mamma mia quanto sono bravo, me lo dico da solo.
E infatti ho imbottigliato una birra leggermente gasata in contropressione con iTap e inoculato una dose di 5gr/litro di zucchero e del lievito F2 della fermentis per agevolare la rifermentazione. Le bottiglie hanno riposato a temperatura di cantina, circa 15°C dopo di ché ho spostato le bottiglie in frigo a 10°C attendendo la completa carbonazione e maturazione.
Dopo 3 settimane dall’imbottigliamento ho eseguito il primo assaggio e mi volevo sparare. Nonostante il bell’aspetto, una buona limpidezza e una buona schiuma a grana molto fine, la birra non sapeva di niente. Unica cosa che si avvertiva distintamente era la puzza di piedi sudati per quella merda di Saaz di 2 anni fa!
Siccome la birra era per il concorso Lost & Found, ero già pronto a scrivere ad Angelo per annullare la mia partecipazione. Poi mi son scordato e non l’ho fatto. E ho ri-assaggiato una seconda bottiglia e fortunatamente mi son dovuto ricredere. Ero pronto a buttare tutto, ma ho trovato al naso e in bocca tutto quello che mi aspettavo da una Grodziskie. Una bolla vivace e un corpo molto esile, un affumicato molto delicato, un amaro armonioso e soprattutto gli esteri fruttati di mela rossa e pera indicati dal BJCP! Ho effettuato diversi assaggi in seguito e mi son sempre più convinto di avere una birra molto valida, e mi sono sentito come un dio pagano.
Ho poi impacchettato e spedito, e atteso la premiazione. Il resto è storia.
Le schede di valutazione
Fatemi bullare un po’. Non le metto per intero, ma ci sono dei passaggi che mi hanno fatto davvero impazzire di gioia. Le condivido qui su questo blog per amore della cronaca (e per bullarmi, ma già l’ho detto). Confesso che tutt’ora non ci credo. E penso sempre che sia una burla sapientemente orchestrata da Frank, Daniele ed Angelo per farmi dispetto. Angelo e Daniele mi hanno fatto le schede. Frank era presente al BOS.
…mi sono beccato pure il leggendario Manda Manda. Ma che voglio di più?
Conclusioni
Com’era quella storia dell’orologio rotto? Ecco, in parte mi sento di quella scuola lì. D’altra parte penso che abbia pagato l’aver fatto delle scelte per certi versi diverse dagli esempi che ho assaggiato. Il tratto comune delle altre Grodziskie che ho bevuto è la bolla aggressiva, io ho voluto essere più tenue. L’affumicatura alta, la mia risulta più armonica e gentile.
Non si tratta di fare una birra clone, ma di un interpretazione dello stile. I tratti distintivi ci son tutti, ma ho preferito giocare nei range bassi e chissà come, bravura o botta di culo, ci son riuscito.