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Parliamo (male) dello sparge

1 Luglio 2023 - il Blog, Tecniche e Consigli
Parliamo (male) dello sparge

Tutte le volte che viene fuori l’argomento “Sparge”, ovvero il lavaggio delle trebbie, non mi vergogno mai di dire che per come faccio birra in casa io è una tecnica che non serve a niente, e che fa perdere solo tempo.

Su questo blog, sulla pagina facebook, nei commenti instagram, sui messaggi telegram, addirittura anche dal vivo. La mia opinione sullo sparge è sempre la stessa.

Mi sembra il caso di fare un approfondimento su questo tema. Ci tengo molto. Non ne vedevo l’ora!

Ma facciamo un passo indietro, e facciamo un po’ di teoria.

Cos’è lo sparge e a cosa serve.

Il processo di sparge o lavaggio delle trebbie è la fase finale della produzione di birra in cui l’acqua calda viene utilizzata per risciacquare il malto dopo la fase di ammostamento per estrarre il maggior numero possibile di zuccheri dal malto e creare un mosto dolce.

Forse sono stati gli inglesi a scoprire per primi che le trebbie, dopo la separazione dalla parte solida, hanno ancora degli zuccheri “incastrati”, per cui si è pensato bene di buttare acqua calda sopra i grani per effettuare appunto un lavaggio, o risciacquo delle trebbie. Lo scopo finale, ovviamente, è sempre quello di massimizzare l’efficienza di estrazione di zuccheri. Anche i birrai belga si sono accorti, tra una preghiera e l’altra, che i grani esausti, non sono poi così tanto esausti, e da ogni impasto ricavavano due o più birre buttandoci sopra altra acqua. Che poi dipende… se facciamo risciacquo delle trebbie e uniamo i due mosti, lo chiamiamo sparge. Se invece si producono due mosti diversi, allora è parti-gyle. Ma questa è un’altra storia. Rimaniamo sul focus del post, per favore.

Rimaniamo sempre nel contesto casalingo: fare sparge si può fare in qualsiasi tecnica All-Grain. Dai tre tini al BIAB, e persino negli impianti all-in-one. Le attenzioni e le attrezzature in gioco, sono diverse. Per esempio, chi fa birra col tre tini può munirsi di frigo passivo opportunamente modificato, oppure semplicemente una pentola a parte, quella della bollitura; mentre quelli bravi e belli fanno tutto dentro la stessa pentola estraendo il cilindro inox.

Ci sono molti tipi di sparge. I più famosi sono due: batch sparging e fly sparging. La sostanziale differenza tra queste tecniche sta nella gestione dell’acqua calda. In entrambi i casi il punto di partenza è comune. Si mette a scaldare dell’acqua mantenendola ad una temperatura di circa 80° e si attende la fine dell’ammostamento. Se il mash è concluso, e abbiamo constatato la conversione di amidi in zuccheri, si può passare allo step successivo.

Ma perché l’acqua di sparge deve essere a 78-80 gradi?

E qui le cose si fanno schizofreniche. Abbiamo in giro per il mosto zuccheri semplici, zuccheri complessi, impasto ed enzimi, che sono proteine biologiche specializzate nel catalizzare le reazioni chimiche all’interno degli organismi viventi, che se ne catafottono altamente se non ci sono più amidi da convertire in zuccheri e continuano a lavorare a prescindere, col rischio di modificare anche il profilo organolettico di quanto già fatto. Qualcuno fermi questi enzimi!

Si effettua quindi la famosa fase di mash-out, necessaria per preparare la filtrazione delle trebbie e si porta il tutto a 78° per circa 15 minuti, temperatura e tempo sufficiente per permettere denaturazione degli enzimi, che durante l’ammostamento, in base alle temperature imposte, hanno trasformato gli amidi in zuccheri più o meno complessi. La denaturazione degli enzimi è un processo in cui gli enzimi, perdono la loro struttura tridimensionale nativa e di conseguenza la loro attività catalitica. In buona sostanza, li uccidiamo.

Bisogna fare qualcosa, e per rimanere nel politically correct quel qualcosa si chiama “denaturare”, mentre in realtà lo si deve leggere come disattivare. E per farlo, dobbiamo distruggerli. Il modo migliore che abbiamo per distruggerli è dire Grazie, arrivederci, e alzare la temperatura fino a 80°c fino a non averne più attivi. Perché in fondo siamo umani.

Un altro motivo, si dice, che viene un po’ da sé. è che il mosto è più fluido e meno denso, per cui si dovrebbe facilitare l’estrazione di zuccheri incastrati nell’impasto. in proporzione ai malti usati, più zuccheri sono diluiti nel mosto, meno saranno quelli rimasti nelle trebbie e maggiore sarà l’efficienza di estrazione.

Ma il mosto deve essere per forza a 78° per fare sparge? Non necessariamente. Dipende dal tipo di impianto. Per esempio con un impianto All-In-One, una volta estratto il pipe, il processo di filtrazione per caduta è abbastanza veloce, e si può procedere col fly sparge immediatamente, che per caduta non impiegherà chissà quanto tempo. Ci penserà poi la rampa verso la bollitura ad uccidere quello che deve essere, giustamente, ucciso.

In birrificio, invece, la fase di sparge può durare tanto. anche tre ore: in questo caso si rende necessario denaturare gli enzimi per evitare di compromettere quanto già fatto. Chi fa sparge in casa con un tre tini con i volumi finali alti non arriva a tempi così lunghi, certo, ma vuoi che una fase di sparge non duri almeno una 40ina di minuti? Perciò, denaturare gli enzimi non solo è necessario, ma doveroso.

Il mash out, in soldoni, serve solo a predisporre la fase di risciacquo delle trebbie. E ad annoiarci a morte nel frattempo. A nient’altro.

Batch Sparge

Nel batch sparging, le trebbie vengono preventivamente separate dal mosto che va in una terza pentola. Successivamente viene inserita acqua sulle trebbie per un tempo di contatto variabile e si lascia riposare il tutto. Il tempo di questa sosta può essere variabile: una decina di minuti dovrebbero essere sufficienti per permettere la formazione del letto di trebbie utile per la filtrazione. Possono essere eseguiti anche più di un run off, ovvero risciacqui di acqua sul mosto, in base per esempio alla densità che si vuole raggiungere e per massimizzare l’estrazione di zuccheri.

Ecco i passaggi del batch sparging:

Ecco alcune ragioni per cui potrebbe avere senso scegliere il batch sparge:

Aggiungere acqua, in più run off, ha sì l’effetto di recuperare zuccheri incastrati nelle trebbie per spostarli nel mosto, ma ha sicuramente l’effetto collaterale di diluirlo. A questo punto diventa necessario prolungare la fase di bollitura per permettere una maggiore evaporazione dell’acqua, magari la stessa acqua che abbiamo aggiunto per recuperare gli zuccheri…

Un effetto collaterale di questa tecnica potrebbe stare nel fatto che il mosto raccolto potrebbe essere torbido, se non si è formato un buon letto di trebbie in grado di filtrare e trattenere farine e schifezze varie. Ma per questo ci possiamo preoccupare relativamente e procedere con la chiarificazione del mosto in fasi successive..

Ma quindi a questo punto mi sorge spontanea la domanda: può aver senso effettuare un ricircolo, tramite pompa, durante il batch sparge? Secondo me, no. Al massimo potrebbe essere utile per evitare che le trebbie esposte all’aria ossidino, e pure su questo potremmo aprire diverse parentesi, ma non vedo particolari vantaggi.

Fly Sparge.

Nel fly sparging, l’acqua calda viene aggiunta al mosto in modo continuo mentre viene rimosso in un flusso costante. Cosa vuol dire? Significa che l’acqua viene costantemente versata dall’alto sui grani mentre il mosto viene raccolto dal basso in un’altra pentola. Il tutto succede contemporaneamente. La scelta di utilizzare il fly sparge dipende da vari fattori, tra cui l’efficienza dell’estrazione, la dimensione dell’impianto di produzione il tempo da perdere, pardon… da investire, che abbiamo.

Il fly sparging richiede un po’ più di attenzione e può richiedere strumenti specifici come un manifold, come quello della SS Brewtech, o una schiumarola, se siamo dei poveri romantici soprattutto poveri, per distribuire l’acqua sulle trebbie in modo uniforme.

Ma non finisce qui. Qualcuno vi parlerà di ossidazione a caldo e condannerà la vostra birra al lavandino eterno. L’ho sempre detto che l’homebrewing è un hobby meraviglioso….

…e il No Sparge?

Prima di andare oltre, giusto un paio di parole su un altro modo per fare sparge. Ovvero non farlo affatto. No Sparge, appunto. Il No Sparge è un metodo di produzione della birra che prevede di saltare la fase di lavaggio delle trebbie dopo l’ammostamento. In pratica, il mosto dolce viene ottenuto dalla sola estrazione degli zuccheri dal malto durante l’ammostamento, senza l’aggiunta di acqua per il lavaggio delle trebbie.

Questo metodo è utilizzato soprattutto da produttori casalinghi di piccoli batch che cercano un metodo più semplice e veloce per produrre la loro birra. Il No Sparge è un metodo utile per birre con una densità inferiore (come ad esempio le birre a bassa OG) e può ridurre il tempo complessivo del processo di produzione della birra.

Tuttavia, questo metodo può comportare una riduzione dell’efficienza di estrazione degli zuccheri dal malto. Inoltre, il No Sparge richiede l’utilizzo di una quantità maggiore di malto rispetto ai metodi di lavaggio delle trebbie tradizionali per ottenere la stessa quantità di mosto dolce. Quanto malto in più? questo dipende da tanti fattori, tra cui la grandezza dell’impianto e dai litri di mosto finali che si vogliono ottenere. Possono essere pochi etti, che influiscono poco sul “costo” della cotta e delle materie prime. Diverso quando sono quantità significative, ma questo è tutto opinabile e somma responsabilità dell’homebrewer.

In sintesi, il No Sparge è un metodo semplice e veloce di produzione della birra, ma può comportare alcuni compromessi sulla qualità del mosto, sull’efficienza di estrazione degli zuccheri e sul tempo della cotta. Si può non fare in batch sparge e si può non fare in fly sparge.

Ma sento che non abbiamo finito. Manca il mio preferito.

Ciao, sono il Cold Sparge!

Lo sparge a freddo prevede l’utilizzo di acqua a temperatura ambiente, che di solito oscilla tra i 18°C e i 24°C, per brevità, temperatura ambiente. L’acqua “fredda”, perché non alle canoniche temperature precedentemente descritte, viene versata sopra le trebbie a mo’ di fly sparge o di batch sparge.

Di fatto cosa cambia? le procedure solo le stesse descritte prima, è diversa solo la temperatura dell’acqua. Ma non solo, perché secondo me, la grandissima caratterizzazione della tecnica cold sparge non è la temperatura dell’acqua, piuttosto il volume di quest’ultima.

Sebbene si possa fare anche batch sparge, il metodo migliore per fare sparge a freddo è il fly sparge, quello in cui si butta l’acqua sopra il mosto, per intenderci, procedendo come al solito. Fare cold sparge ha sicuramente dei vantaggi in temine di tempo e di attrezzatura, specie se si usa acqua in bottiglia.

Ma non è una tecnica assoluta, cioè non va bene in tutte le situazioni. Fare cold sparge ha senso, molto senso, grandissimo senso, quando si usano piccolissimi volumi di acqua destinati al risciacquo delle trebbie. E quando dico piccolissimi, intendo anche meno del 20% del volume totale. Gli all-in-one sono sicuramente più predisposti, almeno filosoficamente, al cold sparge. Tutto il processo previsto da un AIO è sicuramente un ottimizzazione di tempi e risorse, con l’accettazione di qualche compromesso. Ma anche un homebrewer con un tre tini può fare cold sparge, non glielo vieta nessuno.

…E io come faccio?

Ma veniamo a me. Io non faccio sparge. E quando mi capita di farlo, scelgo di fare sparge a freddo.

Da anni i volumi medi delle mie cotte sono 15 litri, con densità che di solito non superano i 1.050, fatti con un All-In-One. Effettuo un tasso di diluizione sempre più alto di quelli canonici consigliati e raramente mi capita di fare birre ad alta densità con impasti più densi, e quando succede, una risciacquata a freddo con dell’acqua in bottiglia la faccio sempre, giusto per recuperare qualche punticino di densità e per stare in pace con la coscienza. Da misure empiriche su vecchie cotte in cui ho effettuato i due diversi tipi di sparge ho notato che con quello fatto a freddo rispetto a quello fatto con acqua calda la differenza in termine di punti di densità recuperata, è minima, quasi ininfluente. Vero che a caldo recupero punti di densità in più, ma è pur vero che alla fine ho un mosto più diluito che devo concentrare ulteriormente con la bollitura, oppure ho problemi durante il ricircolo. E secondo me non ne vale la pena.

Non si tratta di essere irriverenti o anticonformisti a tutti i costi. Lo dico soprattutto a quei puristi che pensano che fare sparge sia un passaggio fondamentale da fare, altrimenti la birra non viene buona. Io lo dico e lo sottoscrivo: fare sparge in casa, su mosti a medio bassa densità e con volumi contenuti è uno step inutile che oltre ad occupare attrezzatura in più fa perdere anche del tempo. Se poi la soddisfazione dell’homebrewer si basa anche in questi termini, alzo le mani. Ma un po’ di pensiero critico ce lo metterei.

Jumanji.

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