Chi segue questo blog avrà ben noto il fatto che di mio non sono proprio uno “in fissa” con l’attrezzatura: tendo sempre valutare e a preferire soluzioni compatte ma soprattutto complete, con poco margine per le personalizzazioni e modifiche per raggiungere il mio scopo, soprattutto nel lungo termine. Se non riesco a raggiungere lo scopo che mi sono prefissato, cambio scopo, oppure preferisco accollarmi a chi sa fare le cose.
D’altro canto, quando parlo di homebrewing, in mezzo ai miei simili, non ritengo giusto dedicare ampio spazio all’attrezzatura, che è pur sempre un argomento di discussione, ma, non me ne vogliano gli appassionati, parlare di solo di attrezzatura, per me, è noioso. È bello parlare di birra fatta in casa, ricette, storie, dati, caratteristiche, sfumature e quant’altro. Però anche lì… dopo un po’ diventa solo nozionismo fine a sé stesso.
Insomma, come ho già detto mille volte e non mi stancherò di ripetere, di per sé l’homebrewing è un hobby noioso, perché fatto da lunghi momenti morti intervallati da brevi momenti di attività frenetica. Perché allora parlare di tecniche, ricette, etc etc quando il rischio di ripetere sempre le stesse cose, e quindi di annoiarsi, è altissimo? Ma infatti. Basta parlare di birra fatta, in casa, che già questo post mi è venuto a noia.
Quindi parliamo di…?
Sì, vabbè, ma di che cosa dobbiamo parlare allora?
All’inizio del post ho detto che non mi piace parlare di attrezzatura. In questo blog, i post in cui si parla di attrezzatura si possono davvero contare sulla punta di una mano, e di solito sono sempre paragrafi a corredo di qualche cotta, ricetta, riflessione, etc.
Quindi questo post parlerà di attrezzatura (Oh… finalmente ce l’abbiamo fatta!… del resto non è che ci volesse molto a capirlo. visto il titolo...)
Parliamo un po’ di luppolatura a freddo nei Cornelius Keg.
Ecco quindi di seguito tutto quello che c’è da sapere per fare qualcosa di completamente inutile, ma al tempo stesso indispensabile, per quegli homebrewer, che come me, usano un Cornelius Keg come fermentatore e che vogliono risolvere l’annoso problema su come effettuare il dry hop di mosto in pressione.
Che poi, a dirla tutta, oltre che di attrezzature qui si parlerebbe anche di tecnica. Ma vabbè..
Premessa.
Da circa 3 anni sto usando un Cornelius Keg come fermentatore. Ho sostituito lo spinone lungo per la birra con un tubo di silicone e la sfera di acciaio galleggiante per pescare birra sempre dall’alto e imbottigliando in contropressione, sia carbonata che da rifermentare. Sono molto soddisfatto, e trovo che per i litraggi medi delle mie produzioni (dai 10 ai 15 litri finiti) il fustino sia un eccellente compromesso: facile da pulire e manutenere e anche economico rispetto ad altre soluzioni. Non pratico molto il Belgio, ma per stili americani, inglesi e al limite anche tedeschi, questo setup può dare molte soddisfazioni. Anche per birre fortemente luppolate.
Metodo semplice per fare Dry Hop in un Cornelius Keg.
O meglio… come faccio io Dry Hop?
Il metodo più semplice e al tempo stesso efficace, sulla carta, per fare Dry Hop in un Cornelius Keg consta di tre semplici mosse:
- aprire il fustino
- buttare dentro il luppolo
- chiudere il fustino.
Metodo semplice, cheap, efficace, non richiede attrezzatura aggiuntive ed è tutto molto bello. Ma ci stiamo perdendo dei presupposti fondamentali, che mostrano tutti i limiti possibili di questa tecnica.
- Per ridurre al minimo l’introduzione di ossigeno, è fortemente consigliato fare così SOLO durante la fase tumultuosa della fermentazione: l’ossigeno introdotto verrebbe digerito ed espulso nel giro di poco, grazie alla fervente attività dei lieviti, e si limita di gran lunga l’inevitabile ossidazione della birra.
- Potremmo perdere gran parte degli aromi che inevitabilmente verrebbero espulsi insieme alla co2. Per quanto possa essere bello e romantico avere una camera di fermentazione con toni agrumati e citrici, preferisco sentire certi aromi prevalentemente nel bicchiere.
- Aprire un fermentatore non è in linea di massima consigliato, ma è pur vero che in questo caso il rischio di contaminazione è davvero basso.
Ecco, io ho sempre fatto così, anche quando non usavo i fustini.
Intendiamoci, rimane una tecnica valida. Funziona bene, è semplice, ma se si comincia ad essere un po’ più esigenti e non si vuole scendere a compromessi, ecco che aprire/buttare/chiudere non basta.
Si potrebbe fare qualcosa di meglio. Per esempio, Dry Hop in pressione.
Metodo difficile per fare Dry Hop in pressione con il Cornelius keg.
Innanzitutto perché fare Dry Hop in pressione? Fondamentalmente per conservare il più possibile gli aromi del luppolo all’interno della birra. Anche usare meno materia prima, che comunque non guasta mai.
Ma mettiamo l’ipotesi che abbia una birra in fustino e che il fustino sia già in pressione. Semplice: basta avere due fustini, donatore e ricevente impostati alla stessa pressione, una spunding valve, una bombola di co2 e vari tubi e connettori.
- Il ricevente sarà un fustino vuoto, pulito e sanitizzato (e grazie al cazzo) e saturo di anidride carbonica (alla stessa pressione del fustino donatore) in cui abbiamo inserito i luppoli previsti per il dry hopping prima di saturare/desaturare per togliere tutto l’ossigeno presente.
- Il donatore sarà un fustino pieno di birra e co2 (magari quella prodotta dalla fermentazione), potenzialmente, ma non necessariamente, in pressione.
- La bombola di co2 è collegata all’entrata del gas del donatore.
- Con un tubo, e relativi attacchi, si collegano le vie per la birra su entrambi i fustini.
- Si attacca la spunding valve sul connettore del gas del ricevente.
A questo punto, con bombola aperta e regolata, si può aprire delicatamente la spunding valve e per magia della contropressione, la birra si sposterà da donatore a ricevente andando a irrorare il luppolo messo nel ricevente di birra. Insomma, un travaso.
Che bello! Abbiamo fatto Dry Hop in totale (???) assenza di ossigeno! Ma è una tecnica talmente complessa che non useremo mai più. In questo modo si rendono necessari due fustini da pulire e gestire. E se la mia ricetta dovesse prevedere un Dry Hopping in più fasi?!?… E poi si spreca un sacco di anidride carbonica. Una merda, insomma… e poi è di fatto un travaso.
Sia chiaro, questo vale anche per qualsiasi fermentatore pressurizzabile. Non solo per i nostri amati Corny Keg.
La KegLand pensa a tutto.
Esistono in commercio delle specole che possono essere collegate al fermentatore attraverso attacchi triclamps da 2 inches, ma sono oggetti molto costosi e tra l’altro non si adattano ai nostri fottutissimi Corny Keg.
Però, nel 2022, non ricordo bene in che momento dell’anno, la KegLand, casa australiana produttrice di attrezzatura fichissima e sbrilluccicosa per homebrewing, ha lanciato sul mercato l’Hop Bong, affascinante strumento di piacere, composto da più pezzi che permette di semplificare, a basso costo, il Dry Hop in contenitori pressurizzabili.
L’hop bong, fondamentalmente, è un cilindro pressurizzabile dalle dimensioni davvero contenute, visto che riesce a stare in una mano. Può essere collegato ad una botola a farfalla e con l’aiuto della gravità è possibile far cadere luppolo nel fermentatore senza alcuno scambio di ossigeno.
Trovate tutto l’occorrente su AliExpress (non metto link, ma confido nella vostra capacità di usare in maniera efficace un qualsiasi motore di ricerca).
Ma anche questa soluzione, sebbene più economica, va bene solo per chi ha dei Fermzilla o simili, e non funziona per gli stronzi che come ma hanno scelto di usare solo Cornelius Keg!
Occorre quindi gettare la spugna, o trovare una soluzione. E io ho cercato di trovare una soluzione, e penso di averla trovata.
Come ho risolto?
L’idea, ovviamente non è mia, ma ho preso ispirazione da Mirko, un utente facebook, che in un commento ad un post su Facebook ha messo una foto di quella che a me sembra un idea geniale.
In poche parole si tratta di forare un tappo di un Cornelius Keg e di saldarci un tubo con una bocca da 2 inches.
In questo modo è possibile collegare correttamente l’Hop Bong e risolvere tutti i mali di questo mondo, tra cui l’impossibilità di fare comodamente Dry Hop di birra in pressione nei Cornelius Keg.
Dopo aver parlato a lungo con Mirko, ho ottenuto tutte le informazioni necessarie per provare duplicare il suo tappo. Abbiamo discusso a lungo sul diametro del tubo più corretto e sulla corretta lunghezza del tubo, tutto questo per risolvere due tematiche importanti:
- il tappo deve correttamente entrare nella botola, e chiudersi (e anche qui, grazie al cazzo)
- Il tubo non deve inficiare sul movimento delle leve per serrare il tappo al fustino.
Semplice no? Semplice a dirsi, molto difficile a farsi, soprattutto per me che non ho né le attrezzature né le competenze per fare buchi e saldare l’acciaio inox.
Avevo un tappo per cornelius keg di riserva, ho comprato su AliExpress (sempre lui) un tubo inox con attacco triclamp da 2 inches. Tempo di avere tutto in mano, mi sono rivolto a un professionista della mia zona che grazie alle mie precise indicazioni, e grazie alla sua grande pazienza, ha assemblato il tappo che permette di regalare sonnitranquilli a tutti quelli che come me fermentano in fustino ma non riuscivano a resistere all’idea di effettuare una luppolatura a freddo come si deve.
Funziona?
Risposta breve: sì, funziona.
Risposta lunga: Non è stato semplice raggiungere l’obiettivo. ma alla fine ce l’ho fatta. Prima di riuscire ad utilizzare il nuovo tappo, ho dovuto però mettere in cantiere un paio di birre che mi ero promesso di fare. Tutte birre, ovviamente che non prevedevano Dry Hop. Ma appena ho avuto la possibilità ecco che ho messo in cantiere una American Wheat, stile di birra che prevede un Dry Hopping. Quale miglior banco di prova?
Non sto qui a spiegare come si assembla ed usa un Hop Bong. Sul serio, non mi sembra il caso. Confido che un giro sui motori di ricerca possa essere più efficace di tutti i miei possibili byte riciclati al 100%. Vado direttamente al sodo: dopo aver fatto la cotta ho trasferito il mosto nel fustino e ho inoculato il lievito, e chiuso il fustino col nuovo tappo.
Ovviamente ho agganciato anche la botola a farfalla sul tappo fissato con un triclamp, altrimenti sarebbe rimasto il buco “aperto”. Sul lato superiore della botola ho messo un tappo e un altro triclamp, e ho aspettato che la fermentazione facesse il suo, con l’intenzione di ritornare verso la fine della fase tumultuosa.
Dopo circa 5 giorni, ho deciso di effettuare il Dry Hop: ho sostituito il tappo superiore con l’Hop Bong precedentemente sanitizzato in ogni sua parte ed asciugato (e grazie al cazzo, anche qui). Successivamente ho riempito il cilindro con il quantitativo di luppolo desiderato, ed effettuato un paio di cicli di saturazione / desaturazione di co2 per rimuovere tutto l’ossigeno presente. Personalmente, consiglio di saturare dall’entrata laterale e sfiatare dall’alto. Non so il perché, ma ho come la sensazione che, essendo la co2 più pesante dell’aria, si riesca a saturare l’ambiente di solo co2 in tempi più brevi.
Dopo aver agitato un paio di volte la leva ed essermi assicurato che tutto il luppolo sia precipitato nella birra, ho di nuovo chiuso la leva, e rimesso il tappo al posto dell’hop bong.
In sintesi, la composizione vincente degli oggetti è la seguente, dall’alto verso il basso
- Hop Bong (con valvola di sfiato in alto e quella di immissione di co2 laterale)
- Guarnizione
- Botola a farfalla (e triclamp)
- Guarnizione
- Tappo modificato (e triclamp)
- Fustino con birra.
- Il resto del mondo.
Chiaro, no?
Quanto ho speso?
Proviamo a fare i conti della serva. Perché poi alla fine quando si parla di attrezzature sempre sul prezzo si va a parare e in questo modo si riesce anche a fare una valutazione sommaria e personale se il gioco vale la candela.
Solo per realizzare il tappo modificato ho avuto bisogno di:
- Tappo per Cornelius Keg. Comprato in tempi non sospetti, quando ancora costavano davvero poco. Adesso mediamente costa una 40ina di euro.
- Tubo inox con attacco per triclamp da 2 inches. Ho preso questo articolo sempre su Aliexpress. La descrizione dice “2 ”x 1.5” Sanitario TriClamp TriClover Riduttore di 304 In Acciaio Inox“. è costato circa 12€. Ho scelto questo elemento per permettere maggiore gioco al coperchio per infilarsi correttamente nel fustino.
- Manodopera del professionista. Circa 30 euro. Il suo prezioso lavoro è stato tagliare il tubo inox nella parte più stretta ad una certa misura, bucare il tappo, e saldare il tutto.
Ovviamente a tutto questo va aggiunta la spesa per l’Hop Bong + botola a farfalla, acquistato precedentemente per un totale di circa 120€, se non ricordo male.
Per stare dalla parte dei bottoni, posso tranquillamente affermare che tra una cosa e l’altra, per fare Dry Hopping in pressione, con questa soluzione si può arrivare a spendere 200€ circa. Una signora cifra.
Ne Vale la pena?
Vale la pena spendere 200€ per fare Dry Hop in pressione su un Cornelius Keg usando Hop Bong e un tappo modificato?
- Certo che sì: lo scopo è più che nobile e tutto sommato la spesa affrontabile. In questo modo si rende possibile fare dry hopping in tutti i momenti della fermentazione senza essere per forza vincolati alle attività del lievito. Questa soluzione permette, inoltre, applicazioni per altri scopi: per esempio all’inoculo di un lievito in una fase successiva della fermentazione; oppure all’aggiunta di zuccheri in cristalli o sciroppi, come per esempio per birra in stili belga. e così via. Tutte le volte che c’è bisogno di mettere qualcosa nella birra, si può usare l’Hop Bong e il tappo modificato.
- Certo che no: tutti questi soldi per usare il tappo solo quando si decide di fare una birra che prevede il dry hopping è esagerato. Ci si può accontentare di usare un po’ di luppolo in più e inserire il luppolo “alla vecchia” durante la fase tumultuosa della fermentazione. Aprire e chiudere il fustino, non ha mai fatto danni.
Lascio a voi decidere l’opzione migliore. La risposta giusta in assoluto ovviamente non esiste. Stiamo pur sempre parlando di attrezzatura, e tutto è relativo secondo il proprio insindacabile giudizio da homebrewer.
Un pensiero su “Cornelius Keg e Dry Hop in pressione.”
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