Per chi mi sta seguendo su Car Brewing, il primo podcast italiano completamente dedicato all’hobby della birra fatta in casa, sa che quella che sto per raccontare è la cotta più chiacchierata della stagione e che avevo intenzione di programmare da tempo, definendo solo il quando. Complice una settimana in cui moglie e prole, erano altrove a fare i villeggianti, io, rimasto a casa a consolarmi con l’ufficio, nel tempo libero mi sono dedicato con tutto me stesso a questo insano progetto, che ovviamente non ha potuto fare altro che complicarsi man mano che prendeva forma.
Tanto per rendere chiaro il concetto di pazzia, in una sola cotta ci sono ben tre “la mia prima volta che…“.
- La prima volta che provo una bassa fermentazione: sono sempre stato ben lontano da queste dure prove di pazienza ed abilità, ma alla fine mi son detto che per giocare ad un gioco, bisogna cimentarsi in tutti i suoi aspetti, anche se si tratta di fare una lager. E ovviamente qual è il momento migliore per fare una bassa fermentazione? Luglio, ovviamente… Ma lasciamo stare per un attimo le bestemmie e le maledizioni e passiamo oltre.
- La prima volta che provo il metodo fast lager: approfittando della scoperta del densimentro come strumento affidabile per il monitoraggio costante della densità, ho capito bene di essere pronto anche per questo;
- La prima volta che provo un dry hop con luppolo libero in fermentatore: ho sempre evitato di fare dry hop per mia mera paranoia. In passato ho provato il metodo DHEA (Dry Hop per Estrazione Alcolica) ma il risultato è stato veramente una schifezza e ho lasciato perdere, sostituendolo nel tempo con una imponente gettata di luppoli al flame out… ma oh? Siamo uomini o caporali? Così ho preso il coraggio a quattro mani e mi sono convinto a fare il passo: al momento opportuno aprirò il fermentatore e ci butterò dentro taaaaaaaanto luppolo, e poi richiuderò. E finalmente tornerò a respirare.
…E che International Pale Lager sia! E incrociamo le dita.
Cos’è una International Pale Lager?
Le International Pale Lager sono descritte nel BJCP 2018 alla categoria 2A, e come ci viene suggerito dal nome stesso, sono basse fermentazioni con utilizzo di luppoli europei. In questa categoria possono ricadere anche le cosiddette Hoppy Lager: birre che si contraddistiguono per un’aspetto pulito e brillante con schiuma abbondante e abbastanza carbonate e accompagnate al naso da un prepotente bouquet di aromi fortemente scatenati dal luppolo, usati anche a freddo.
International Pale Lager: ragioniamoci.
Ho diviso la stesura della ricetta in tre aspetti:
- lievito. Su questo, ci ho ragionato parecchio, circa 10 secondi… e alla fine stranamente, visto che uso solo quelli, ho scelto il lievito secco della SafLager W-34/70 della Fermentis. Qui la scheda informativa. 2 bustine, grazie.
- grist. Pure su questo aspetto ci ho rimuginato tanto, tipo 3 secondi, riconfermando il grist della mia Briù Dot Net, ovvero metà malto pilsner e metà malto vienna per una OG di 1050. Ho deciso di usare anche un po’ di lolla di riso per migliorare la filtrazione, e ho tenuto da parte un po’ di zucchero, per eventualmente correggere l’OG in caso di bassa efficienza.
- luppoli. E qui invece è cominciato il delirio: volutamente me ne sono fregato di stare in stile. L’idea è di realizzare una birra ultraluppolata, scaricando prevalentemente vagonate di luppoli, e infatti le IBU calcolate sono intorno circa 52 in gettate a 60, 20, 5 e 0 minuti. Quando pensiamo alle ultraluppolate ormai i nostri pensieri cadono sempre sui luppoli americani o australiani. Io invece ho preferito scegliere luppoli europei, ma al tempo stesso con un profilo aromatico potente, cercando anche un gusto classico. I luppoli scelti sono:
- il Mandarina Bavaria: luppolo, un deciso profumo agrumato tendente al dolce. Da considerrsi il nuovo cascade, nato in Germania. Già usato con successo nella precedente versione della Briù Dot Net.
- l’Huell Melon: altro luppolo nato in Germania, dal deciso aroma fruttato.
- il Saaz: una lager senza saaz non può e non deve essere concepita. Sicuramente sparirà sovrastato dai due luppoli precedenti e l’ho usato solo nella gettata a 20 minuti… ma è una questione di principio!
International Pale Lager: la ricetta.
Ecco quindi la mia bella ricettona completa di tutti i dati interessanti:
DATI GENERALI |
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OG SG: | 1.049 |
OG Bx: | 10.93 |
IBU: | 52 |
BU:GU: | 1.05 |
SRM: | 4.3 |
FG: | 1.010 |
ABV: | 5.2% |
Efficienza Impianto: | % 70 (alla fine è del circa 75%) |
Bollitura: | 60 minuti |
FERMENTABILI: |
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Vienna | kg 2.5 |
Pilsner Belgian | kg 2.5 |
Zucchero Di Canna | kg 0.2 (alla fine non l'ho usato) |
Pula o Lolla di riso | kg 0.2 |
LUPPOLI: |
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60 min | g 10 Huell Melon |
g 10 Mandarina Bavaria | |
20 min | g 20 Huell Melon |
g 20 Mandarina Bavaria | |
g 30 Saaz | |
5 min | g 30 Huell Melon |
g 30 Mandarina Bavaria | |
0 min | g 50 Huell Melon |
g 50 Mandarina Bavaria | |
DRY HOP 2 giorni | g 50 Huell Melon |
g 50 Mandarina Bavaria | |
LIEVITO: |
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2 Saflager W-34/70 | |
DATI MASH: |
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Step °C 52 | min 15 |
Step °C 63 | min 60 |
Com’è andata la cotta.
Anche questa volta, la cotta è andata liscia, è venuto ad aiutarmi un entusiasta Luca, uno studente fuorisede all’università di Bologna che ho conosciuto al concorso dell’Astral Beer Pub, che non vedeva proprio l’ora di chiudersi in una cantina rovente a fare birra.
Diciamo che ci sono stati un paio di inconvenienti: il detto che quando si fa birra si deve bere birra dovrebbe essere ahimé ridimensionato…
Ma alla fine tutto è andato bene: OG centrata anche senza l’utilizzo dello zucchero che tenevo in serbo, litri azzeccati, fermentatore pulito adeguatamente… l’unico inconveniente, ma lo reputo più alla stanchezza, è che ho dimenticato di usare le alghe irlandesi, ma conto di recuperare pulizia in bicchiere sul periodo di cold crash pre-imbottiglimento, ma pure qui non mi aspetto miracoli, visto che farò un’imponente dry hop (eh oh… se devo proprio infrangere il tabù del dry hop… tanto vale farlo ALLA GRANDE!!!).
La cotta è durata dalle 18:30 alle 23:00, quasi 5 ore) e come prevedibile il mosto è arrivato a fine raffreddamento a circa 23 gradi, temperatura troppo alta per l’inoculo del lievito: ho risolto nell’unico modo per me possibile e praticabile, visto che non ci penso proprio a mettere bottiglie di acqua ghiacciata nel mosto: ho spostato il fermentatore pieno in frigorifero e in funzione, inserito direttamente nel pozzetto la sonda che pilota il frigorifero grazie al mio fedele STC1000 impostato per mantenere costante la temperatura di 10° e aspettato l’abbassamento della temperatura. La mattina successiva la sonda rilevava 13°. Ho quindi inoculato il lievito e ossigenato. Dopo di ché ho prelevato un campione di mosto per metterci in ammollo il densimetro. E me ne sono andato.
In serata, ho notato, già era presente attività fermentativa: il gorgogliatore era in pressione e ogni tanto ho sentito dei timidi blub-blub-blub. Non avendo mai condotto una vera bassa fermentazione, non sono abituato a questo silenzio, ma non posso fare altro che fidarmi del vero birraio.
Ma non finisce qui. E la fermentazione?
Fin qui tutto bene. Ecco un breve accenno sugli step di fermentazione previsti secondo il metodo Fast Lager così come elegantemente illustrato dal grande Davide sul suo rovidbeer già molte volte citato nei miei post. Dal momento che ho un OG rilevata di 1050 e una FG prevista di 1010 ecco che ricavo il mio DTD di 40, che diviso per due è 20 (mi servirà per capire quando inziare ad alzare la T).
Step di temperature previste secondo i miei calcoli usando il metodo fast lager:
- si parte a 10* e si mantiene questa T fino a raggiungimento di densità 1030 (ovvero sottraggo il 20 di prima al 1050 dell’og);
- Dopo di ché si alza di 2 gradi ogni 12 ore fino ad arrivare a 20° e attendere l’FG prevista o FG stabile;
- Infine si abbassa la temperatura a step di 4 gradi ogni 12 ore fino ad arrivare a 0 (io sicuramente non ci riuscirrò, mi fermerò intorno ai 3-4).
- A questo punto farò dry hop libero per due giorni e al terzo… si imbottiglia.
Dopo tutto possiamo proprio dirlo: Mamma mia che sbattimento le basse fermentazioni...
…A proposito, per chi se lo stesse chiedendo dall’inizio del post: i villeggianti stanno bene.