Ok, la cotta è finita e siamo andati in pace. Prima lasciar lavorare il vero birraio, il lievito, e andare via del tutto abbiamo verificato la densità e messo a riposo il fermentatore nella camera di fermentazione a temperatura controllata.
E ora, come secondini di un carcere speciale di massima sicurezza, non ci resta che aspettare gli eventi e tenere sotto controllo il fermentatore in attesa del valore desiderato e monitorare l’andamento della fermentazione.
In quanti modi possiamo monitorare la fermentazione?
I modi sono molteplici ma non tutti allo stesso budget e affidabiltà.
Per esempio:
- rifrattometro: l’uso del rifrattometro durante la cotta è fondamentale, anche grazie ad una conversione diretta, ma in fermentazione bisogna applicare delle formule precise per avere un valore che si avvicini il più possibile a quello reale
- Tilt, iSplindle e similia: sono oggettini leggermente invadenti, perché sono a contatto diretto con il mosto per tutto il periodo della fermentazione, e attraverso un calcolo della posizione e altri sensori riescono a comunicare tramite Wi-Fi o bluetooth con una piattaforma e sul cellulare, dati come densità, temperature e altro.
- Plaato: ancora non è uscito ufficialmente, ma si tratta di un ‘gorgogliatore’ avanzato in grado, in maniera molto simile al Tilt/iSpindle di rilevare, dalla fuoriuscita di co2 prodotta dai lieviti, dati come densità e temperatura del mosto. La sostanziale differenza sta nel fatto che questo sistema non è per niente invasivo. Io sto ancora aspettando che arrivi.
e basta.
Ah già… dimenticavo il sistema più sofisticato di tutti: il densimetro!
A cosa serve e come si usa il densimentro?
Questo sistema, complicatissimo invero, prevede un prelievo di un campione di mosto preso direttamente dal fermentatore in un cilindro vuoto di plastica trasparente. Dopodiché si lascia galleggiare il densimetro nel campione fino a rilevare la densità corrispondente su delle tacche che… vabbè… ma davvero devo spiegare come funziona un densimetro? Anche il più novizio degli homebrewer lo sa. Vero?
Ma, se ci pensiamo bene, gli altri sistemi che cosa ci garantiscono, rispetto al densimetro? Ci permettono di evitare sprechi di prezioso mosto: Ogni volta che vogliamo sapere la densità dobbiamo prelevare circa un bicchiere di mosto.. e un bicchiere oggi, un bicchiere domani… ecco che ci troviamo troppi bicchieri di birra in meno nelle nostre amate bottiglie.
Recentemente, nel gruppo Telegram dedicato al Grainfather Italy, si discuteva sul metodo tecnologico migliore per monitorare la densità e ho letto, tra i vari milioni di messaggi, quello di Andrea che raccontava di come, da tempo ormai, semplicemente usando il densimetro, monitorava in maniera costante l’andamento della fermentazione e il valore della densità in maniera precisa e completamente senza sprechi, in maniera affidabile e veramente a costo zero.
Il densimetro e il monitoraggio costante della fermentazione.
Il metodo di Andrea è il seguente: dopo aver finito la cotta e aver inoculato il lievito, si effettua un prelievo per leggere OG per prenderne nota e invece di buttare via il campione, si lascia il cilindro affianco al fermentatore nel luogo dove si decide di condurre la fermentazione.
In questo modo vengono condotte due fermentazioni parallele, ma con esiti identici, poiché, anche se con volumi diversi, abbiamo in partenza OG e lieviti in egual misura.
Appena ho letto sono rimasto subito colpito dalla semplicità, l’eleganza e l’efficacia (almeno sulla carta, anzi… sul display) di questo metodo. Ammetto di aver avuto all’inizio dei dubbi ma mi son detto: provare non costa nulla.
Proviamoci. Anche perché ammesso e non concesso funzioni veramente, si aprono degli scenari molto interessanti.
E ho provato anche io…
Nell’ultima cotta, la Briù Perl, ho lasciato il cilindretto con un campione di mosto accanto al fermentatore per tutta la durata della fermentazione.
Ho effettuato, dopo la fase tumultuosa, una lettura della densità comparata tra quella del cilindro e quella del fermentatore: entrambi 1020. Uno a zero per Andrea, ma poi ho detto: Ok, ma adesso vediamo quando arriva ad FG il campione cosa mi dice il fermentatore grande. Ho quindi atteso e riletto la densità quando FG del cilindro era stabile a 1012 da un paio di giorni. E, incredibile amici miei, anche il campione prelevato direttamente dal fermentatore era 1012.
In questa foto, non si capisce molto bene, per via delle mie scarse doti di fotografo, ma il campione di sinistra è il risultato della fermentazione in cilindretto, mentre quella di destra è la lettura del campione prelevato direttamente dal fermentarore. Credetemi, sono valori uguali, solo che nella foto di destra è partito il flash… insomma, almeno in questo girone, Andrea ha vinto alla grandissima.
Cosa non mi convince(va) di questo metodo?
Prima ho detto di avere dei dubbi su questo metodo. Il dubbio più grande principalmente sta nel il fatto che, nonostante le pari condizioni di partenza, la temperatura di fermentazione dei due mosti non va di pari passo: un conto è stabilizzare la temperatura dentro 25 litri di mosto, un conto è la temperatura in meno di 200ml. Io, come molti homebrewer, piloto il termostato della camera di fermentazione con una sonda infilata in un pozzetto a contatto col mosto, e alla fine sono arrivato alla conclusione che si tratta di un fattore trascurabile per via dei volumi tipici di noi homebrewers: fossero stati 800 litri contro i 200ml allora sì che cambiava la storia. Dislivello troppo notevole.
Inoltre, data la diciamo così fermentazione aperta del mini mosto, mi infastidiva l’idea di una mini infezione e contaminazione del densimetro, che per carità, può sempre essere lavato con Starsan, ma è sempre bene avere meno roba infetta in giro. E invece, con mia somma sorpresa, il mini mosto non ha sviluppato assolutamente segni tipici di infezioni, mentre era ben evidente la flocculazione del lievito, il krausen e la fondazza… e la cosa mi è sembrata veramente strana.
Conclusioni
Insomma, sono rimasto piacevolmente sopreso da questo nuovissimo metodo vecchio come il mondo di monitoraggio costante della densità in fase di fermentazione. Che io sappia, non ho informazioni di altre fonti che documentino un metodo del genere, e ringrazio quindi Andrea per aver condiviso la sua esperienza e spero che anche altri homebrewers incuriositi e curiosi possano provare e fare un confronto diretto. Perché homebrewing, ricordiamolo, è sopratutto condivisione.
Nel mio piccolo, riutilizzerò questo metodo anche nelle prossime cotte, che se tanto mi da tanto, è ottimo per metodi di fermentazione che nascono in America che stanno prendendo sempre di più piede anche in italia. I più furbi di voi hanno già capito di cosa sto parlando, vero?