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Tre session da solo

23 Luglio 2020 - il Blog, Ricette
Tre session da solo

L’anno scorso ho scritto questo post dove racconto di una cotta fatta insieme all’amico Gabriele all’amico Matteo il Biondo presso la mia Officina Briù: una collaboration brew per una Session Rye IPA fatta in una calda giornata estiva, per ammazzare la noia e il caldo.

Chi mi conosce un pochino oltre le pagine scanzonate di questo blog, sa che nel periodo estivo arriva per me, almeno da 10 anni a questa parte, il momento più agognato ed atteso di tutto l’anno: il momento in cui sono da solo a casa. Mia moglie emigra dalla calda Emilia verso l’Abruzzo, a casa dai suoi genitori e porta con sé anche la nostra congiunta prole per, dice lei, riposarsi un po’.

in questo periodo, che considero le mie vere vacanze, di norma ne approfitto per dormire la notte senza interruzioni, continuare a lavorare di giorno e nel tempo che resta per dedicarmi a tutti quei ciappini casalinghi rimandati durante le stagioni fredde. E per dedicarmi in maniera quasi totalizzante al dio pagano di Netflix e dell’homebrewing, organizzando cotte, binge watching di serie tv da recuperare, incontri brassicoli con chi resta nei dintorni, e per andarmi a sfondare di mangiate di sushi a basso costo, ovviamente.
Come se non bastasse, quest’anno complice l’influenza birichina, per la maggior parte del tempo non ho dovuto nemmeno fare lo sforzo di uscire di casa: Grazie SmartWorking, grazie Netflix, grazie Suoceri, grazie Aria Condizionata, grazie BrewFather e grazie Banda Larga.

Per certi versi questa appena trascorsa sarà un’estate indimenticabile. Son stati solo 10 giorni di solitudine… ma torniamo a parlare di homebrewing.

Svuotiamo la dispensa!

L’estate è anche il momento dell’anno giusto per dare fondo a tutte le materie prime per fare spazio agli ordini settembrini. Ed è anche il momento dell’anno in cui, pur di finire le materie prime, #ValeTutto. Ma veramente tutto! Sti cazzi degli stili, sti cazzi del BJCP, sti cazzi degli equilibri!
Guardando la dispensa nella mia Officina avevo ancora circa diversi chili di malti base, diversi malti speciali da diversi EBC, diverse confezioni di luppolo integre e altre da finire, e diverse bustine di lieviti secchi come il BE-134, W34/70 e US-05. Facendo i giusti conti avevo per le mani giusto giusto il materiale per almeno un paio di cotte da una 15 litri, se non tre.

Chi fa da sé fa per tre.

La stragrande maggioranza degli homebrewer che conosco e frequento fa birra da solo e per conto proprio, ed effettivamente un motivo c’è. Per quel che mi riguarda, io invito sempre persone a venire in pellegrinaggio alla mia Officina in un brew day, che poi nel mio caso è sempre meglio parlare di brew night, visto che inizio sempre di sera e finisco a notte fonda. Subito dopo aver invitato, mi pento immediatamente perché so quanto posso essere antipatico e scontroso durante le varie fasi della cotta mentre sono concentrato, e ho provato l’esperienza di avere intorno a me persone che non fanno altro che intralciarmi nel mio andare avanti ed indietro con l’ossessione di avere tutto in ordine o almeno al suo posto, di ottimizzare i tempi, di prendermi un attimo di respiro solo in certi momenti della cotta e via dicendo.

Però penso a quanto potrebbe essere di insegnamento o divertente mettere in mostra i diversi modi e approcci alla birrificazione casalinga che ognuno di noi ha e a quanto sarebbe bello un format itinerante dove mi reco da un homebrewer durante la sua giornata di cotta e parlando del più e del meno affrontare temi come l’approccio alla ricetta, la strumentazione, le passioni, la storia, le abitudini etc etc. Chissà… magari in un futuro non troppo lontano…

…ma torniamo a noi. Anzi: a me!

Non resta che scrivere la ricetta.

Insomma, non resta che mettersi di fronte a BrewFather e aprire una nuova ricetta. Già…. ma da dove partire? Che stile sbagliare questa volta?

Visto i malti e i luppoli a disposizione, l’idea di principio è stata quella di fare una Hoppy Saison, che ho cambiato immediatamente e ho voluto azzardare la stesura di una ricetta per una Dark Hoppy Saison, non contento ho optato per una Black IPA, poi un’American Bitter, poi una Italian Pils.
Poi ho capito che non mi sarei mai deciso e dall’idea iniziale di una cotta sola, ho deciso di dividere le materie prime per farne tre: Saison, Session IPA e Schwarzbier. E basta… altrimenti sarei andato avanti all’infinito senza concludere nulla.

Ecco quindi che ho scritto tre ricettine per tre birrette estive da brassare in solitudine. Al momento che scrivo, due delle tre ricette sono già state brassate, fermentate, imbottigliate e aperte. Manca l’ultima all’appello, e cercherò di recuperare quanto prima.

Vediamo un po’ se i lettori di questo blog sono così attenti da capire quali sono i fattori comuni di queste tre ricette: scrivetelo pure nei commenti, e mi raccomando, non deludetemi. Chi indovina avrà in premio, come al solito, un bel niente.

1. Briù PHP 2020 – Summer Saison Edition

Mash

Malts (2 kg)

Hops (70 g)

Miscs

Yeast

Fermentation

Note su questa Briù PHP 2020 – Saison Summer Edition

La cotta è andata molto bene, e il lievito ha fatto il suo lavoro senza intoppi particolari e in 5 giorni precisi, portando la densità finale a un 1.000 tondo. Ho avuto solo il dubbio se effettuare un cold crash per chiarificare un po’ la birra, e alla fine mi sono trattenuto: per una birra in stile Saison la limpidezza non è un requisito importante.

Ho già assaggiato delle bottiglie, e ogni volta capisco per quale motivo c’è sempre poco Belgio nelle mie cotte casalinghe: non sono capace a farle.

Sia chiaro, come birra in sé non è male: aspetto molto invitante con schiuma abbondante e persistente, colore leggeremente aranciato pulito, nonostante durante la cotta non sono stato così attento a portare un mosto pulito in fermentazione: la pulizia è prevalentemente merito della flocculazione del lievito che precipitando si è portata con sé giù tutto. In bocca torna più o meno tutto quello che avevo immaginato, a parte un leggero sapore di plasticuccia tutto sommato tollerabile.

Tra i primi e i recenti assaggi ho notato che il corpo della birra è cambiato in maniera importante. Le prime bottglie avevano una corpo in bocca molto esile e watery; con un po’ di maturazione è cambiato in un corpo rotondo e strutturato. Nonostante tutto non siamo di fronte ad una Saison memorabile. Diciamo decente, ma niente di ché.

2. Briù Plus Plus 2020 – Summer Session Edition

Mash

Malts (2.75 kg)

Hops (110 g)

Miscs

Yeast

Fermentation

Note su Briù Plus Plus 2020 – Summer Session Edition

La mia modalità di fare dry hop è sempre stata la stessa: a fine fermentazione, lasciando il luppolo in contatto con la birra per un massimo di 5 giorni a temperature sempre sotto i 10 gradi per evitare l’estrazione di sentori erbacei. I risultati sono sempre stati decenti, considerando che stiamo parlando sempre di birre rifermentate e imbottigliate alla vecchia, con sifone ed asta da travaso: un decente dalla durata molto breve.

In questo periodo, lo ammetto, tra le mille cose da leggere e studiare, avrei voluto studiarmi approfonditamente il libro “The New IPA: Scientific Guide to Hop Aroma and Flavor” di Scott Janis uscito già da un po’ e già da un po’ sul mio Kindle. Ma ammetto il mio limite sui testi molto tecnici.

Sono molto incuriosito e avrei voluto capirci qualcosa su un uso diverso del luppolo durante i vari processi di birrificazione e fermentazione, e leggendo qua e la su internet, mi ha molto affascinato l’articolo di Brulosophy sulla biotrasformazione dei compound del luppolo durante il dry hop, come se non bastasse, ho ascoltato attentamente Virtual Pub – Il dry hopping su Homebrewing Pills con Francesco Antonelli, Giulio Gus Cervi e Luca Cottini (tre homebrewers dalle competenze alte, di comprovata esperienza e dalle grandi capacità di fare sintesi e divulgazione in maniera comprensibile anche su temi molto complessi) e ho deciso di provare a fare dry hop nel pieno della fase tumultuosa della fermentazione. Sono ben conscio che non saranno certo due articoli letti online e due video su youtube a fare di me un esperto della materia, l’obiettivo era provare.

Dopo aver inoculato il lievito, ho aspettato circa 48 ore e ho fatto quello che viene sempre sconsigliato di fare a tutti i neofiti della birrificazione casalinga: ho ommioddio aperto il fermentatore, e versato del luppolo in pellet per un rapporto di circa 3gr per litro (eh oh… quello avevo… quello ho messo) e richiuso molto velocemente, confidando nella fermentazione attiva per espellere o assorbire tutto quel popò di ossigeno e saturare l’ambiente di co2.

La fermentazione è proseguita in maniera molto regolare per altri 5 giorni e dopo 3 giorni di cold crash ho imbottigliato una birra molto limpida e profumata. Tempo una settimana per la rifermentazione e la birra è già pronta da bere e adesso che scrivo ho assaggiato già un paio di bottiglie: non ho trovato segni di astringenza o di erbaceo nella birra finita. Sempre il solito discorso: birra buona, semplice e senza particolari fronzoli. Nulla in confronto alle bombe esplosive olfattive a cui purtroppo il mercato ci sta abituando: se ho voglia di un esperienza del genere… faccio prima a comprarmela!

Piccola storia triste, ma divertente, a corredo su questa Session IPA: mi ero messo in testa di fare priming con una soluzione di acqua, zucchero e sale e far diventare la birra una Salty Session IPA, perché è da un po’ di tempo che mi intriga molto l’idea di fare una birra salata, o con una componente sapida bene in evidenza al palato, senza per forza fare una gose. E niente… al momento di imbottigliare mi son proprio dimenticato di aggiungere il sale. Ma sono sicuro che avrebbe spaccato di brutto.

3. TURBO Briù – Summer Schwarzbier Edition

Mash

Malts (3.4 kg)

Other (200 g)

Hops (47 g)

Miscs

Yeast

Fermentation

Note su TURBO Briù – Summer Schwarzbier Editioner Session Edition

Al momento che scrivo questo post, non ho ancora trovato il tempo per fare questa cotta (molto probabilmente la farò la settimana prossima) e in questo modo avrò dato fondo alle scorte di luppoli e malti. È la prima volta che faccio il resoconto di una cotta ancor prima di averla fatta.

Ho deciso di provare a cimentarmi in questo stile perché casualmente negli ultimi mesi mi è capitato di assaggiare diversi esempi di SchwarzBier, sia commerciali che homebrewed, e in tutti i casi sono rimasto piacevolmente colpito dall’eleganza data dal corpo snello e dai sentori tostati presenti ma non invadenti.

E poi è una bassa fermentazione, e le basse fermentazioni vanno sempre onorate.

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