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La mia prima BIRRA FATTA IN CASA col kit

13 Maggio 2020 - il Blog, Tecniche e Consigli
La mia prima BIRRA FATTA IN CASA col kit

Noto con piacere che in questi giorni molti nuovi utenti stanno approdando su queste pagine, segno che si è disposti a fare di tutto per passare il tempo, anche birra in casa. E solo il tempo ci dirà se questo è un bene.

Innanzitutto mi presento: mi chiamo Daniele Iuppariello (la prima è una i e non una elle), nato nel 1979, programmatore informatico di giorno e homebrewer di notte. Sono 6 anni che ho abbracciato la fede nell’homebrewing e in questo tempo ho fatto una cinquantina di cotte tutte con la tecnica All Grain tranne per la prima cotta in assoluto che è stato un kit luppolato.

In questo post voglio provare a ricostruire, momento per momento, le tappe che mi hanno portato alla mia prima cotta. Prometto di rimanere il più possibile nei range accettabili di nostalgia canaglia, ma non garantisco nulla. Tutte le foto, tranne i meme scemi, sono proprio di quel periodo.

Quindi do il benvenuto a tutti i nuovi visitatori di questo insano blog, e vi racconto, come al solito, una storia: la storia di come e perché ho fatto la mia prima cotta.

Come iniziare a fare birra in casa

…che faccia da pirla…

Non ricordo precisamente la prima volta che ho sentito parlare di birra fatta in casa. Ricordo distintamente che nel lontano 2010, ho proposto, come acquisto di gruppo, un kit da regalare a mio cognato per il suo compleanno. All’epoca non ne sapevo nulla di produzione di birra: mi affascinava l’idea di regalare qualcosa di grosso. La mia proposta fu scartata a favore di qualcos’altro che ora non ricordo, e nella mia testa ho incasellato l’idea regalo da riutilizzare per altre occasioni.

Poi negli anni successivi ho cominciato a frequentare un beershop vicino casa mia, e da lì è riafforato il ricordo dell’idea regalo.

Poi una sera a casa di amici, a tavola è stata messa una bottiglia di birra homebrewed e pure quella sarà stata sicuramente un’altra scintilla.

Poi il mio maestro di yoga mi fece assaggiare una bitter da lui prodotta tessendo elogi e lodi di questo strampalato hobby.

E così, sicuramente in una sera pigra di inverno a cavallo tra il 2013 e il 2014 ho cominciato a cercare su google informazioni… e sono finalmente caduto nella trappola.

Il mio primo kit

kit appena scartato

Ho venduto il basso elettrico e l’amplificatore e con i soldi ho sponsorizzato il mio primo ordine su birramia.it: un Kit di Fermentazione Inox 30 litri. Ho preso anche un secondo bidone di plastica, perché consigliato fare un travaso a metà fermentazione. Ho optato subito per il fermentatore inox, decisamente più resistente del bidone di plastica, perché mi conosco e avevo già intravisto la scimmia pronta a salire. Insieme al kit c’era il solito malto amaricato in omaggio, un malto Cooper Lager: 1,7 kg di sciroppo denso pronto per essere diluito. Spoiler: una vera schifezza.

Pochi giorni dopo il corriere ha consegnato le scatole in ufficio: ero felice come un bimbo di 2 anni e ho faticato ad aspettare la pausa pranzo per scartare i cartoni e rendermi conto davvero di quanto fossero grossi i fermentatori. E lo stupore nel toccare con mano un densimetro, una tappatrice a colonna e brandire la paletta di plastica a mo’ di scettro regale.

La sera stessa ho passato almeno un paio di ore a pulire con olio di gomito tutta l’attrezzatura nel troppo piccolo lavandino della cucina. Ho abbracciato immeditamente la paranoia della pulizia e ho fatto lavaggi e risciaqui di metabisolfito di potassio come se non ci fosse un domani…

Mia moglie non aveva capito bene in cosa consistesse questa mia nuova fissa, ma non per questo mi ha ostacolato: si è limitata a guardarmi distante con il solito patto tacito del Tu sporchi tu pulisci, e con nessuna intenzione di avere un bidone di ferro in giro per casa: …la preparazione a casa, e ok; ma la fermentazione… giù in cantina!

In un’oretta abbondante di una domenica mattina mentre lei era a messa, io, con casa libera e armato di pentole, apriscatole e un chilo di zucchero ho eseguito alla lettera le istruzioni riportate nella latta e miscelato l’intruglio in acqua e zucchero. Mi è rimasto impresso per bene nella mente lo sforzo immane fatto per trasportare il bidone inox pieno di 23 litri di mosto dal secondo piano del mio condominio alla cantina: 4 rampe di scale e nessun ascensore… e fu quello il momento in cui capii che se volevo continuare, avevo bisogno di uno spazio tutto mio dove fare tutto… senza troppi spostamenti.

La fermentazione

…sta per fare blblblbl…

La mia prima fermentazione è andata com’è andata. Non avevo le minime competenze su come gestire al meglio un lievito e nessuna camera di fermentazione; e il fermentatore in cantina era in balia delle temperature impossbili di gestire, con delle montagne russe dai 10-14° notturni ai 18-20° diurni. Nonostante tutto, il gorgogliatore ha gorgogliato.

Completamente incurante del mantra che già all’epoca imperversava da anni Non aprire quel cazzo di fermentatore, ho un paio di volte sbirciato dentro, e al primo travaso mi sono lasciato andare anche ad un primo timido assaggio dopo aver misurato la densità. Assaggiando quella porcheria mi sono sentito il più grande Mastro Birraio della Storia Presente, Passata e soprattutto Futura!

Il travaso

il primo travaso… la sagra dello splash

Questa gif descrive tutto il mio cringe possibile ed immaginabile. È tratta da un video che feci per documentare il mio primo travaso e non so quante volte l’ho visto all’epoca, con occhi a cuoricino in attesa di vedere a tavola la mia prima birra. Rivederlo ora mi fa effetto unghie sulla lavagna. Quel vortice schiumoso… quel tubo a contatto con la birra… tutta quella esposizione all’ossigeno… argh!!!

L’imbottigliamento

ed ecco la mia prima collezione di bottiglie.

Ho poi imbottigliato, in bottiglie recuperate e pulite con tutti i santissimi crismi che già andavano di moda all’epoca. Un vero e proprio strazio: passaggi vari tra candeggina e l’immancabile metabisolfito di potassio. Quando ho cominciato a fare birra in casa io, il metabisolfito di potassio, per gli amici metabisolfito, era la panacea di tutti i mali, e lo si metteva dappertutto, pure nel caffé, così… per togliersi il dubbio. Fortunatamente le cose son cambiate…

Ho fatto priming mettendo lo zucchero bottiglia per bottiglia col quel buffo misurino circolare con tre piccoli contenitori satellite, in dotazione col kit.

Una volta tappate, ho messo a riposare le bottiglie come soldatini schierati per la battaglia su un mobile, e ogni giorno andavo a capovolgerle per un paio di volte per poi riposizionarle. Non so di preciso cosa avessi in mente, molto probabilmente ero convinto che in questo modo la birra carbonasse prima. Sul serio, non fatelo!

A distanza di tutto questo tempo… Chiedo perdono per questi ricordi così imbarazzanti.

Dopo un paio di settimane, per la festa del papà, ho stappato la prima bottiglia. Schiuma completamente evanescente, aspetto velato (ma non torbido), al naso diversi clorofenoli: un deciso sentore di medicinale. Corpo ai limiti del watery con amaro abbastanza inutile e zero persistente. Birra era birra. Ma era la birra più buona del mondo!

Nonostante non abbia preparato delle etichette, ho passato diverso tempo a trovare un nome per la mia prima birra. Abitudine che non ho perso nel tempo. Decidere il nome da dare alle birre è un passatempo bellissimo: le segna con una caratterizzazione in più che riesce a comunicare tantissimo sullo spirito dell’homebrewer. La mia idea è stata quella di chiamare ogni cotta col nome di un gruppo musicale seguito dall’anno di produzione. E quella che vedete sopra è la ABBA 2014.

Nonostante tutto, ero molto soddisfatto del primo tentativo, e continuavo a ripetermi che non avevo bisogno di andare oltre i kit luppolati, e che tecniche più complesse, come l’all grain, non facevano per me: troppo tempo e troppi soldi da spendere per un hobby che tutto sommato… che vuoi che sia? un hobby e basta.

E infatti, dopo la ABBA 2014, un intenso periodo di studio di circa 6 mesi, di formazione, di documentazione, di apprendimento di concetti fondamentali, di acquisti… nacque la Beatles 2014, la mia prima all grain con metodo BIAB… ma nella mia mente era già nata l’Officina Briù.

Respice post te. Hominem te memento.

Fare il kit luppolato non mi ha fatto diventare mastro birraio, non ha fatto di me un homebrewer. Mi ha semplicemente insegnato a prendere dimestichezza, in maniera concreta, con alcuni passaggi fondamentali come per esempio, la pulizia dell’attrezzatura, la fementazione, l’imbottigliamento e lo stoccaggio. Aspetti tutt’altro che marginali, se pensiamo al’intero processo produttivo di una birra. Dopo allora non ho mai più messo mano ad una latta, ma questo non vuol dire che fare kit luppolati sia una pratica non ammessa o ortodossa. I kit luppolati sono un passaggio, diciamo, obbligato per chi si vuole avvicinare a questo mondo con sincera curiosità e con approccio pratico. Non è necessario uno studio approfondito della materia per fare birra in casa col kit luppolato. Basta seguire alla lettera semplici regole e, in teoria, tutto dovebbe andare bene. Ben venga, quindi, il kit luppolato come test generale per capire se fare birra in casa è nelle proprie corde. In caso contrario abbiamo comprato dei bidoni che possono essere riutilizzati per molte cose, e poche altre attrezzature facili da rivendere.

Se invece ci abbiamo preso gusto… facciamo un’altro kit luppolato, altri due… tre… una decina dai. E a quel punto è necessario andare oltre. Definirisi homebrewer e limitarsi alla produzione con i kit luppolati non ha senso. È necessario e fisiologico andare oltre.

Se avessi la possibilità di tornare indietro nel tempo e modificare qualcosa del mio passato, non avrei dubbi: andrei dal me stesso del 2014 e gli direi le seguenti cose:

  1. La personalizzazione dei kit è una puttanata, non perdere tempo con quei pensieri.
  2. Procurati al più presto una camera di fermentazione atemperatura controllata.
  3. Studiare l’homebrewing sui video di Salvatore BrewingFriends Arnese va bene… ma meglio iniziare dal libro La tua birra fatta in casa.
  4. Porta con te in vacanza Progettare grandi birre e rileggilo tante volte.
  5. Togliti dalla testa l’idea cretina di mollare tutto per aprire un birrificio, coglione! Hai fatto solo una cotta, e fa pure cagare.
  6. Sei l’ultimo arrivato! Dove non arriva l’esperienza arrivano i libri; e dove non arrivano i libri, arrivano i forum on line. Cerca quindi di essere umile e di capire subito quando davanti hai una persona appassionata o un semplice coglione che vuole il suo quarto d’ora di celebrità.
  7. Fai al più presto un bel corso di degustazione, e scoprirai un altro mondo. Affidati a gente seria: chiedono più soldi, ma ne vale decisamente la pena.
  8. Trova gente vicino a te che ha appena iniziato o che ha già esperienza: da soli si cresce, ma in due o più si cresce ancor di più e meglio.
  9. Non essere tirchio: cerca di comprare cose che ti possano durare anni e non solo un paio di volte.
  10. L’homebrewing è una passione, non è un lavoro. Non porre limiti alla fantasia, e divertiti!

Torniamo al futuro

Ne sono stati macinati di malti da quel Marzo 2014 e a distanza di tutto questo tempo… l’amore per il processo produttivo non è mai scemato. Non ricordo un giorno senza aver pensato all’homebrewing, aver immaginato una cotta, chiacchierato con qualcuno di questo fantastico hobby o passato in rassegna le ultime notizie provenienti dai vari gruppi brassicoli.

L’homebrewing è un hobby che ti segna per sempre, perché al suo interno ha mille sfaccettature in grado di unire le persone nella condivisione e nella spensieratezza. Negli anni ho conosciuto persone fantastiche che altrimenti non avrei avuto modo di conoscere con cui ho condiviso birre, viaggi, sfighe personali e momenti di ogni tipo. È un hobby che mi aiutato nei momenti di sconforto dandomi la possibilità di staccare il cervello dai problemi intorno a me. Mi ha fatto fare bella figura durante un colloquio di lavoro. Mi permette di avere sempre qualcosa di cui parlare con le persone quando le discussioni si fanno monotone. Mi ispira sempre a guardare le cose da tutte le angolazioni possibili, e ogni volta che stappo una bottiglia di una nuova produzione è sempre un emozione forte, difficile da descrivere per chi non è un homebrewer.

Quindi, se anche tu che ora stai leggendo sei un homebrewer alle prime armi che se ne va in giro per la rete alla ricerca di come muovere al meglio i primi passi dentro questo fantastico hobby e sei arrivato a leggere fin qui… Ti ringrazio. Fatti un giro su questo blog partendo da qui oppure vai alla scoperta di altri pianeti simili partendo da qui. Infine non dimenticare di venirmi a trovare sulla pagina facebook e di lasciare un commento qui sotto.

E benvenuto in questa grande e strampalata famiglia.

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