Avete presente quando vi si fissa in testa un pensiero che si pone esattamente sul confine labile del “uhm… non male come idea” e “mamma mia che stronzata”?
Ecco, avete appena individuato il mio stato d’animo quando ho deciso di progettare la birra che racconterò in questo post. I più smaliziati di voi, solo leggendo il titolo, avranno già intuito dove si va a parare. Ebbene sì, amici miei, si va a parare esattamente lì.
Quest’anno brassicolo va così: dopo le innumerevoli birre del 2019 – 2020 con OG 1.042 ho sentito fisiologicamente il bisogno di andare oltre e di esagerare. Non è un caso se le ultime due birre son state un Barley Wine e una Italian Grape Ale spinta. E concludiamo la trilogia dei bombardoni con questa birra messa in cantiere proprio la notte della befana del 2021: una Pastry Stout.
Il lato negativo nel fare birre così importanti sta nel fatto che non potrò assaggiarle nel giro di poco, perché son tutte birre che richiedono almeno diversi mesi di maturazione. Il paradosso assurdo che vivo è che ho le cassette della cantina tutte piene di bottiglie di birra in maturazione, e per bere qualcosa la sera sono costretto a comprare birra on line. Che disdetta! Me ne farò una ragione.
Inutile dire che la birra messa in cantiere adesso sarà pronta da bere giusto giusto per l’inizio di aprile 2021, magari accompagnando la bevuta con una bella fetta di… non so… un dolce tipico pasquale della tradizione napoletana. Chissà quale…
Cos’è una Pastry Stout?
Trovare un disciplinare semplice e lineare per definire una delle mode brassicole che nonostante tutto regge ancora dopo tanti anni è un po’ difficile. Per noi amanti del BJCP è già sufficiente osservare che le Pastry Stout non sono al momento uno stile ufficiale, ma una interpretazione dello stile di base più comunemente usato per queste birre estreme: Imperial Stout, categoria 20C del BJCP 2015.
Su avanti, forza… Chi non conosce le Imperial Stout? E chi non ne ha mai bevuta una accompagnandola una buona torta ricca di ingredienti come per esempio una sachertorte? E chi non ne ha gioito alla grande grandissima? Se avete l’età consigliata per bere birre ad alta gradazione alcolica, e ancora non avete provato il piacere godurioso di bere una Imperial Stout accompagnata da un bel dolce al cucchiaio, fatevelo dire, non avete per niente avuto una bella vita. Ma c’è sempre tempo per rimediare, poi mi darete ragione.
Come al solito è colpa degli americani se le Imperial Stout sono diventate negli anni, purtroppo, un po’ come le IPA: una generica birra di base su cui poi effettuare variazioni sul tema. L’obiettivo è sempre lo stesso: le derive date dalle caratterizzazioni scelte devono essere estreme. Nonostante rimangano validi e non trascurabili quei due tre dettagli come il forte tenore alcolico, il colore e il caffettoso dei malti scuri, troviamo sul mercato centinaia di interpretazioni di questo non stile con tutte le aggiunte non convenzionali possibili ed immaginabili. Sia chiara una cosa: come già detto, si tratta di birre estreme e che non devono per forza rispettare una regola. Anzi… più una pastry stout è estrema ed esagerata nella scelta degli ingredienti caratterizzanti, più è in linea con l’idea di base che abbiamo sviluppato intorno queste birre. In una pastry stout non si deve per forza ricorrere al concetto di equilibrio che tanto ricerchiamo ed apprezziamo in altri stili; in questo caso siamo di fronte ad uno stravolgimento totale delle percezioni; il principale scopo è destare stupore, curiosità e meraviglia in chi beve, anche semplicemente per un’esperienza fine a sé stessa. Basta fare una ricerca su Ratebeer o Untappd per notare esempi commerciali di Pastry Stout con declinazioni davvero stravaganti e caratterizzate nelle varie fasi di produzione da aggiunta di spezie o di ingredienti speciali. Caso iconico molto discusso dai puristi del nostro ambiente fu la Hypnopompa di Omnipollo, servita con dei marshmallow galleggianti nel bicchiere.
Un po’ Birra un po’ Dessert, un po’ Bestemmia Urlata, un po’ WOW. In ogni caso un’esperienza da avere nel proprio bagaglio.
Ma torniano a noi comuni homebrewer mortali.
In linea di massima, le Pastry Stout sono birre che vanno ben oltre l’esercizio di stile. Molto probabilmente birre One Shot, da produrre almeno una volta, irripetibili, ma non per questo da sottovalutare nella stesura di una ricetta.
Se, come abbiamo detto, lo scopo principale di una pastry stout è quello di destare stupore e curiosità, è necessario quindi provare a usare ingredienti che possano risultare originali, stravaganti e non convenzionali, ma al tempo stesso coerenti con l’idea di birra estrema.
Detto questo, la cotta dell’altra sera è stata una Pastry Stout con gli ingredienti di una pastiera napoletana. una PASTrYera Stout. Per l’appunto.
Per favore, non usate i commenti per gli insulti. Mandateli direttamente in privato, perché li conservo meglio. Prima però cercate di arrivare fino alla fine del post. Grazie. Anche perché già vi aspetto al varco con la solita…
Ma una birra normale no?
Già lo so cosa una parte di voi starà pensando: …ma fare una birra normale no?
A questa domanda potrei rispondere in mille modi diversi, prevalentemente appellandomi alla libertà che abbiamo noi homebrewer di provare a fare in casa delle birre per il semplice gusto di provarci senza vincolo di sorta alcuno.
Ma non lo farò. Mi limiterò a dire che, secondo me, se provate un attimo ad astrarvi dalle limitate percezioni e dalle sovrastrutture che vi siete automaticamente assegnati… non solo riuscireste ad essere più tolleranti ed aperti verso il mondo della birra e in generale sul mondo intero, ma riuscireste anche ad essere più oggettivi. E poi anche Ok Boomer.
Sono convinto che l’altra parte è d’accordo con me. In ogni caso, 10 litri di birra si possono provare a fare. Alla peggio, se li beve il lavandino. Detto questo: andiamo avanti.
Come già detto, le Pastry Stout sono birre esagerate per propria natura. Ciò non toglie, e su questo sono molto d’accordo, che non convenzionale ed estremo non devono essere sinonimi di a cazzo di cane. Ricordo che la prima volta che mi è venuta in mente l’idea di inserire in una birra, ingredienti aggiuntivi oltre orzo, luppoli e lievito, l’intento principale era di andare contro queste mode e trovavo simpatica l’assonanza musicale tra pastry e pastiera. Poi ovviamente ci ho preso gusto e ho perseverato. Andrò all’inferno, lo so, ma non solo per questo.
Non so se la mia è un’idea originale, sicuramente prima di me qualcun altro l’avrà già fatto. Nella stesura della ricetta non ho fatto altro che lasciarmi ispirare dalla mia esperienza e dai miei sensi. Io ho cercato di ragionare così.
Le mie origini napoletane poi, in qualche modo, hanno influenzato il resto. D’altronde da quando sono andato a vivere da solo, in una città lontana da quella in cui sono cresciuto, ho sentito nostalgia davvero di poche cose: una di queste è sicuramente la pastiera a tavola durante il periodo pasquale, o in determinati periodi dell’anno. E solo un napoletano sa cosa vuol dire sentir più la nostalgia e la mancanza di un dolce o di un profumo piuttosto che di certe compagnie. E la mia mamma fa la migliore pastiera del mondo, ovviamente, come tutte le mamme napoletane. Ma la mia di più.
Ma parliamo degli ingredienti.
Gli ingredienti principali e caratterizzanti di una pastiera, oltre zucchero burro uova e farina, sono sicuramente il grano cotto, la ricotta, i canditi e essenze aromatiche come fiori di arancio. Tutte cose che, tutto sommato, non stonerebbero particolarmente se inserite in una birra. Basta trovare la giusta collocazione, in un quadro, diciamo, più ampio.
…e vediamo quindi la ricetta e ricomponiamo il puzzle.
Briù JAVA – PASTrYera Stout edition
- 8.0% / 17.9 °P
- 71.9% efficienza
- Volume della Cotta: 10 L
- Durata Bollitura: 90 min
- Acqua di Ammostamento: 17.96 L
- Acqua totale: 17.96 L
- Volume Bollitura: 16.46 L
- Gravità Pre-Bollitura: 1.039
Dati Vitali
- Gravità Iniziale: 1.074
- Gravità Finale (Avv): 1.013
- IBU (Tinseth): 61
- Colore: 71 EBC
Ammostamento
- Temperatura — 68 °C — 60 min
Malti (2.7 kg)
- 2 kg (56.3%) — Avangard Pilsner Malt — Grani — 3.3 EBC
- 500 g (14.1%) — Briess Oats, Flaked — Grani — 2.8 EBC
- 200 g (5.6%) — BestMalz Roasted Barley — Grani — 1300 EBC
- 300 g (8.5%) — Briess Rice Hulls — Aggiunta — 0 EBC
- 300 g (8.5%) — Sugar, Table (Sucrose) — Zucchero — 2 EBC
- 250 g (7%) — Milk Sugar (Lactose) — Zucchero — 0 EBC — Bollitura — 10 min
Luppoli (30 g)
- 20 g (25 IBU) — East Kent Goldings (EKG) 5% — Bollitura — 60 min
- 10 g (36 IBU) — Columbus (Tomahawk) 14% — Bollitura — 60 min
Varie
- 4 ml — Lactic Acid 80% — Ammostamento
- 0.5 parti — Protafloc — Bollitura — 15 min
Lievito
- 2 pacchi — Fermentis US-05 Safale American 81%
Fermentazione
- Primaria — 18 °C — 5 giorni
- Primaria — 24 °C — 3 giorni
- Primaria — 4 °C — 5 giorni
- Carbonazione: 2.4 CO2-vol
Note e riflessioni ad alta voce sulla ricetta
Come al solito ho cercato di scrivere una ricetta ragionando su un grist molto minimale cercando di rispettare percentuali nel grist molto simili a quelli di una stout base evitando di inserire malti speciali i tipici malti speciali di una Imperial Stout. L’obiettivo posto è di ricercare la complessità aromatica e gustativa attraverso le aggiunte, e non dalla birra base.
In fase di ammostamento, ho inserito due barattoli da mezzo chilo di grano cotto per pastiera, per raggiungere circa il 30% del grist totale. Il grano cotto si trova abbastanza facilmente in qualsiasi supermercato, nella corsia per gli ingredienti e preparati per dolci. Avrei potuto aggiungerne di più? Forse sì: non ho voluto esagerare. È evidente che l’aggiunta di questo ingrediente non poteva che essere in ammostamento, almeno io non vedo alternative. In termini di amidi e zuccheri fermentabili, questa aggiunta fa ben poco. Il grano usato è già cotto e non disturba o influisce particolarmente sull’attività enzimatica dell’ammostamento, e per certi versi è come inserire del frumento non maltato. È ovvio che l’obiettivo è ricostruire il sapore in bocca data dalla pastosità del grano cotto. Per precauzione ho inserito abbondante lolla di riso per agevolare la filtrazione. Fortunatamente non ho avuto problemi, e il ricircolo è andato tutto sommato in maniera regolare e continua.
Per la luppolatura ho preferito fare solo la gettata in amaro sui 60 minuti, anche se la bollitura ne è durata 90 in maniera vigorosa e potente. Verso la fine della bollitura ho versato in pentola il lattosio in polvere per aggiungere rotondità e cremosità, e perché non potevo mettere la ricotta: incredibile ma vero, anche io ho dei limiti. Il lattosio è un po’ l’ingrediente prezzemolino, sta bene su tutto… anche se effettivamente adesso che mi ci fate pensare si potrebbe fare una birra al prezzemolo… uhm… ma cerchiamo di rimanere il più possibile mentalmente sani.
A pentola spenta e con raffreddamento già iniziato ho aggiunto due fiale di aromi di fiori d’arancio, intorno ai 70°, per evitare che le temperature molto alte facessero letteralmente evaporare in maniera quasi istantanea tutte le componenti aromatiche volatili. Speriamo che siano sufficienti…
Dei 4 ingredienti caratterizzanti scelti della pastiera sono rimasti fuori i canditi dalla cotta. E infatti al secondo giorno di fermentazione ho inserito una ciotola di circa 150gr di canditi nel fustino. Non so cosa cerco di ottenere esattamente da questa aggiunta. Oltre un bassissimo contribuito di zuccheri semplici non ci dovrebbe essere altro, infatti appena inseriti, i canditi sono subito precipitati sul fondo del fermentatore. Ma insomma… una pastiera senza canditi non è ammissibile. Anche questo ingrediente proviene da una corsia del supermercato, in una confezione di plastica chiusa, e per paranoia personale ho preferito fare un passaggio di 10 minuti circa a bagnomaria con conseguente raffreddamento naturale prima di inoculare.
Insomma… su tutte le aggiunte, a parte il lattosio non dovrebbe rimanere molto nella birra finita! Eh lo so… a volte mi meraviglio da solo di quanto possano essere estreme le mie idee. E anche da questo punto di vista la tradizione è stata rispettata.
Scopriremo se questa birra è buona tra qualche mese, magari a Pasqua, magari con una bella fetta di pastiera di mia madre come accompagnamento.
E la nuova pentola?
Eccoci quindi alla nuova puntata della telenovela che appassiona le nonne di tutta Italia, dopo i DPCM di Giuseppe Conte. Com’è andata la prima cotta con la nuova pentola BIAP?
Durante la pausa natalizia l’unico momento che ho trovato per dedicarmi alla pulizia preliminare del Pentolonen è stato poco prima della notte di San Silvestro. Complice il freddo serale boia, e la voglia di spacchettare di nuovo la pentola, mi sono chiuso in Officina e me la sono studiata per bene, nel frattempo, olio di gomito e ho pulita a fondo.
Ribadisco, nonostante non fosse una spesa prevista, sono molto soddisfatto dell’acquisto. Si tratta di una pentola che ho già visto molte volte in funzione e che ho caldamente consigliato sempre a chi ha in mente di valutare una pentola All In One. La sensazione che ho provato è stata molto simile a quella provata quando passai dalla mia vecchia auto alla nuova: prima di allora ignoravo la comodità di accessori come i comandi vocali, cruise-control e altre diavolerie moderne. Adesso non potrei farne a meno.
Facendo il paragone con la vecchia pentola, dove ogni cosa era frutto di sistema questo controlla quest’altro, ho trovato tutto molto più comodo e lineare, e ho risparmiato un sacco di tempo. Prima di adesso ho sempre considerato il tubo contalitri come superfluo, ma adesso mi rendo conto che a fine bollitura è molto più semplice controllare quanti litri andranno in fustino con un’approssimazione veramente bassa. La giacchetella coibentante è fottutamente comoda. La temperatura rilevata dalla sonda si è rivelata molto affidabile e corrispondente al 100% a quella rilevata dal termometro a gabbietta (manco a farlo apposta durante le pulizie finali il termometro a gabbietta si è rotto… ah la fatalità). La terza maniglia in basso permette di spostare la pentola per le pulizie in maniera molto agevole, anche per i miei mal di schiena. La pompa integrata è veramente comoda. Il display del controller inclinato coi bottoni grossi è abbastanza intuitivo, anche se quel cicalino fastidioso lo frullerei volentieri dalla finestra.
Insomma, che ve lo dico a fare… ci siamo capiti.
10 pensieri su “PASTrYera Stout”
Ciao, ho comprato la stessa pentola dietro tuo implicito consiglio e di questo ti ringrazio 😀 . Volevo chiederti una cosa: ma il fondo filtrante che è decisamente più piccolo della pentola…. ha un senso utilizzarlo? Non trovo informazioni su questo fondo filtrante… sembra che le varie Brewmonster, Easygrain ecc non ce l’abbiano
Esatto. È diciamo una “miglioria”
Si, ma ciò mi stavo chiedendo io è se avesse senso utilizzarlo, visto che il diametro è un buon centimetro più piccolo del diametro della pentola
Io lo sto usando così com’è ed effettivamente non avevo notato tutto questo gioco. In effetti di potrebbe provare a bordarlo con dei tubi in silicone. Ma non so poi quanto conviene. Che dici?
Secondo me se si mette un bordo in silicone attaccato direttamente al filtro, non si riesce più ad infilarlo nella pentola. Forse potrebbe bastare ritagliare una corona circolare di silicone da appoggiare sopra al filtro, non ho idea però se possa restare dritta.
Esatto.. comunque io pensavo di farmi fare una nuova sacca biab per il cestello
Ho letto di Enzo 😀
Io voglio provare ad inventarmi qualcosa…. vedremo
Ciao Daniele, ad un anno dall’acquisto sono di nuovo qui a romperti le scatole. Ho deciso di farmi fare pure io la sacca Enzo, ma ho un dubbio: quando si appoggia il cilindro di metallo per fare sgocciolare, non c’è il rischio che i piedini strappino la sacca? Mi pare che resti proprio pinzata
Se si lacera lateralmente poco male. In ogni caso, in anni di utilizzo la sacca non ha buchi e la utilizzo regolamento sia per il mash che per la luppolatura
Ti ringrazio, ora prendo contatti col ragazzo di ebay